Caro Porro,
sono (stato) un grande fautore del governo Draghi. Allora, e ad oggi, non vedo in giro per la nostra penisola una personalità più adatta a ricoprire il ruolo di premier. La sua importante formazione in ambito economico, l’esperienza nelle stanze che contano, i rapporti con gli altri leader europei e lo status a livello internazionale compongono il contorno della figura ideale del capo dell’esecutivo.
Tutti noi ci aspettavamo un cambio di passo, io in primis. Durante le conversazioni di qualche settimana fa, non perfettamente comprensibili causa mascherina, rassicuravo i miei coetanei universitari con una presuntuosa convinzione: “State tranquilli, ora arriva Draghi”.
Be’, ora Draghi è arrivato, ma ancora non ce ne siamo accorti. Dov’è la discontinuità? Dov’è il cambio di passo? La scusa del tempo è ormai agli sgoccioli, perché è vero che questo esecutivo è da poco (ma non pochissimo) in carica, ma il virus non è celebre per il fair play e non aspetta che venga spolverata la scrivania di Palazzo Chigi.
Riassumiamo questi 15 giorni: Speranza è rimasto lì dov’è, lenti rosse, falce, martello e strafottenza per il mondo produttivo; Di Maio ha riottenuto il suo incarico e Macron in Africa può dormire sonni tranquilli; la campagna vaccinale continua col freno a mano tirato, e di rifornimenti manco se ne parla: dosi extra di vaccini non sono previste; i dpcm rimangono triste e desolante abitudine, come l’assoluta indifferenza nei confronti dell’opposizione; le misure previste sono addirittura più restrittive delle precedenti. Ecco, qui mi voglio fermare un attimo. Ora il centrodestra è al governo, ora il mondo produttivo è rappresentato. Ora c’è Forza Italia, il partito che più rappresenta i valori liberali. Ora c’è la Lega, in cui Salvini prova saltuariamente ad invocare tematiche del liberismo. Ora i 5 Stelle sono diventati moderati e liberali, a detta di Giggino. Ora c’è Calenda, liberale e riformista. Ma qualcuno ha visto qualche vera, reale, impronta liberale nelle prime due settimane di Draghi? Qualcuno ha visto qualche protocollo per riaprire in sicurezza (se non qualche confusa promessa per il 27 marzo)? Qualcuno ha visto incentivi per le aziende in difficoltà? Qualcuno ha visto dei tentativi di far ripartire l’economia?
Toti ha perfettamente ragione, e se lo dice perché non ha ottenuto sottosegretari o perché ci crede veramente poco importa: non c’è un cambio di passo. Anzi. C’è grande continuità con Conte. Se abbiamo perso 3 mesi per spostare al lunedì i cambi di colore delle regioni bastava usare un +2 ad Uno. Perché, oltre a questo, i risultati del governo Draghi sono piuttosto miseri: è arrivato qualche buon ministro, abbiamo bandito le primule, abbiamo esautorato di qualche potere Arcuri. E sono passi in avanti, sicuramente. Ma troppo poco. Troppo poco in confronto alle nostre aspettative.
Troppo poco per le persone che continuano a morire. Troppo poco per chi non ha più soldi per per tenere aperto il proprio locale. Troppo poco per noi italiani che dopo un anno non riusciamo a vedere la luce in fondo al tunnel.