Caro Porro,
mi conceda questo sfogo da cittadino, disinteressato nello specifico ma molto preoccupato nell’insieme. È di questi giorni la notizia che il Tar ha sentenziato e definito orari restrittivi per gli esercizi commerciali di corso Garibaldi a Milano, in nome di una quiete richiesta e sembrerebbe dovuta ai residenti di tale zona. Da cittadino di una città votata al mercato, all’economia, sento il dovere di ricordare che non è con la restrizione delle attività economiche che si modifica o indirizza il volere delle genti, i desideri dei popoli, no certamente non è così. Siamo uno Stato Repubblicano, basato su principi economici liberali, facente parte del G8, culla insieme ad altre nazioni della società occidentale e dell’economia di mercato.
No, caro Direttore: il governo locale, non deve avere il diritto in nome di pochi di modificare il desiderio di molti. Soprattutto se, come parrebbe, a trarne beneficio sarebbero esclusivamente cittadini residenti, i quali hanno giù tratto beneficio da un’estesa isola pedonale, pagata dalla collettività e certamente voluta per creare “promenade” per turisti e milanesi. Chi pagherà il gettito d’iva ed Irpef del mancato fatturato di tali esercizi? I residenti? No, loro avranno semplicemente una rendita di posizione dal valore immobiliare, che ironia della sorte fu già incrementato grazie alla riqualificazione che nei primi anni 2000 venne fatta proprio in corso Garibaldi.
Personalmente da individuo di mezza età, di tutt’altro settore lavorativo, non avvertirò alcun disagio per una chiusura anticipata dei vari Radetkzy di corso Garibaldi, ma da Cittadino, con la C maiuscola rinnego, rimprovero ed ostacolerò in ogni modo possibile, questa innaturale volontà delle istituzioni di intervenire nella vita dei cittadini. Abbiamo diligentemente subito tutti le restrizioni pandemiche, e fin qui tutto corretto. Ed ora? Area C, Area B, divieto di fumo all’aperto ed ora orario di chiusura restrittivo per tutelare il chihuahua della signora del terzo piano?
Caro Direttore, il mio pacato “urlo” per evitare che la pandemia si traduca in un modello di gestione della società indegno per un Paese occidentale come l’Italia.
Roberto Dino Bruno Ferrari
Un Milanese qualsiasi