Egregio Dott. Porro,
sono un commercialista che da venticinque anni cerca di svolgere con coscienza e spirito di abnegazione questa difficile professione. Solo stamani, leggendo la rassegna stampa, sono venuto a conoscenza di quanto asserito dal segretario della Cgil, Maurizio Landini, in merito alla partecipazione del presidente Meloni a margine dell’assemblea nazionale dei commercialisti svoltasi a Roma.
Durante l’intervento il presidente del Consiglio non solo ha ricordato che anche fra i commercialisti ci sono morti sul lavoro a causa della professione svolta menzionando tre colleghi vittime della follia omicida (a differenza di altri non facciamo troppo rumore mediatico…), ma ha chiesto espressamente ai commercialisti un contributo fattivo e professionale per un nuovo patto fiscale nel Paese.
In merito a ciò il sindacalista con la felpa rossa, ha esternato delle frasi a dir poco sconclusionate, offensive, sconcertanti ma soprattutto che denotano ignoranza e approssimazione nel trattare certi argomenti. Cito testualmente: “Non so se le persone più adatte siano proprio i commercialisti” e rincarando la dose “banalmente, sarebbe utile cominciare a parlare, se proprio vuoi fare un patto fiscale, con quelli che le tasse le pagano”.
Insomma, il suddetto con il livore che lo contraddistingue, non solo ha messo in dubbio le professionalità e le competenze dei commercialisti da mettere a disposizione del governo in merito ad una eventuale riforma fiscale, ma ha anche fatto intendere che come contribuenti, ammesso che non volesse sostenere altro, le tasse le paghiamo poco. Ma andiamo per punti.
In primo luogo, Landini dovrebbe spiegare quali sarebbero, secondo lui, le persone più adatte a parlare e interloquire con l’esecutivo per quanto concerne una agognata riforma del fisco che questo paese attende da decenni. Forse gli architetti? I medici? O quali altri professionisti? Oppure come sembra più plausibile vorrebbe mantenere a dispetto di tutti come avvenuto sino ad oggi, una interlocuzione privilegiata con il governo?
Evidentemente Landini non sa nemmeno di cosa parla essendo palese che tra le professioni tecnico-giuridiche, in particolare quelle fiscali, i commercialisti sono quasi gli unici che conoscono purtroppo a menadito, il mare magnum del fisco italiano con le sue assurdità e le sue iniquità determinate da decenni di proliferazione e stratificazione di norme in contrasto l’una con l’altra e che rendono l’Italia un Paese burocraticamente avanzato e fiscalmente da terzo mondo. Sarebbe troppo facile elencare le nefandezze proposte e avallate dai sindacati anche per quanto concerne il fisco e la normativa sul lavoro, ma sarebbe inutile.
Inutile perché il capo della Cgil non sa nemmeno di cosa parla e vive in un mondo parallelo distante anni luce dal lavoro e dai lavoratori che vorrebbe rappresentare. Certo, se per chi come lui il fisco e la macchina statale è rappresentato dalle pratiche burocratiche “inventate” solo ed esclusivamente per foraggiare indirettamente con soldi pubblici i sindacati o peggio gonfiare i fondi pensione utilizzando il silenzio-assenzo dei lavoratori a loro insaputa, allora debbo tacere. A differenza sua però noi non ci ergiamo a giudici o censori degli altri, conosciamo benissimo il nostro ruolo e l’importanza determinante della professione che svolgiamo non solo a tutela nostra ma soprattutto dei contribuenti spesso e volentieri vittime di una burocrazia e di un fisco strabordante che anche il sindacato rappresentato da Landini ha contribuito a realizzare.
Perché dico questo? Lo dico perché a differenza di Landini noi siamo sempre stati “sul pezzo” ogni giorno, lavorando e confrontandoci con le piccole e grandi imprese, con altri professionisti, con il volontariato, con la pubblica amministrazione, con i lavoratori e i pensionati. Abbiamo dimostrato nella pratica il nostro ruolo e valore e non lo abbiamo fatto con gli slogan dai palchi del 1° maggio (per inciso io come moltissimi colleghi eravamo al lavoro lo scorso 1° maggio quando Landini si lamentava delle inopportune iniziative del governo il giorno di festa), lo abbiamo già dimostrato più volte. Non ultima durante i primi mesi della pandemia quando insieme ad altri lavoratori abbiamo cercato in ogni maniera di sorreggere e contenere tramite il nostro supporto e le nostre attività di studio, i danni economici e le incertezze a cui gli imprenditori e conseguentemente i loro lavoratori stavano subendo.
Non ricordo dove fosse Landini in quei mesi, ma ricordo perfettamente cosa accadde dopo e che chi doveva difendere i lavoratori e il loro lavoro permise invece che quel diritto sancito dall’articolo 1 della nostra Costituzione venisse calpestato.
Come direbbe Totò: ma ci faccia il piacere!!!
Massimo Micheli, 6 maggio 2023