Caro Porro, lo Stato mi ha negato pure la cassa integrazione

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Buongiorno Nicola,

sono un giovane imprenditore, ho quattro librerie, e ho la speranza che questa lettera giunga alla tua attenzione (mi piace molto il rapporto che hai coi tuoi “commensali” di cui faccio modestamente parte, per cui ti do del tu sapendo di non essere inopportuno).

Più volte ho pensato di scriverti durante il corso di questa… cosa… che stiamo vivendo, purtroppo vuoi per mancanza di tempo, vuoi perché da imprenditore (e ce ne sono tanti come me), ho sempre buttato il cuore oltre l’ostacolo e sono sempre andato avanti a testa bassa. Ma oggi, il colmo. La condizione in cui viviamo noi piccoli imprenditori la descrivi in maniera esatta e puntuale tu e pochi altri giornalisti (sicuramente non mainstream, per i quali siamo i cattivoni, sai cosa intendo).

Piccola premessa. Dall’inizio della pandemia ho capito subito che le cose si sarebbero messe male, e che facendo 2+2 i costi avrebbero superato i guadagni, e ho attivato la cassa integrazione e ho sperato in aiuti dello Stato mai arrivati (non parlo dei prestiti, quelli sono soldi che dovrò restituire; anche su questo avrei da dire tanto). Pertanto ho fatto da imprenditore l’unica cosa che potevo fare, dato che mi avevano impedito i licenziamenti: mi sono messo in prima persona, io e la mia ragazza che è amministratrice insieme a me, a mandare avanti due librerie in due: una a testa, usufruendo della cassa integrazione per più dipendenti possibili cercando di risparmiare più possibile sul costo del lavoro, tra i più onerosi per un’azienda.

Di solito queste librerie devono contare su almeno 2-3 dipendenti su turni. Tutta questa gente come faccio a pagarla se lo Stato mi impedisce gli incassi? Non sto parlando della libreria aperta o chiusa. La libreria può essere anche aperta, e lo è da aprile, ma come posso fare se la gente non può venire perché ha una dannata paura oppure se le città universitarie sono vuote perché le università sono chiuse? E se continua sempre di più a comprare su Amazon? Sono costretto a marginare molto meno in quanto devo garantire consegne a domicilio mentre prima i clienti venivano in libreria. Quindi per vendere un libro prima ci volevano 30 secondi, ora magari devi fare una consegna in un paese sperduto. E di consegne ne ho fatte… pur di non perdere i clienti questo ed altro! In teoria se uno fa impresa, potrebbe anche avere, come me, degli obiettivi da raggiungere, degli impegni (economici) da mantenere, ma questo viene considerato?

Nel frattempo lo Stato non ci ha reso le cose facili, aumentando la difficoltà di impresa e la burocrazia su tutto. In una giornata difficile come tante altre, dopo dieci mesi ci si fa il callo, arriva la doccia gelata. Scusa se scrivo in maiuscolo. PEC DELL’INPS: CASSA INTEGRAZIONE RIFIUTATA. Da Luglio. Sì, hai capito bene: l’11 gennaio 2021 mi dicono che la cassa integrazione (da luglio in poi, immagino), non mi spetta. Lasciamo perdere che all’inizio quando io e la mia compagna lavoravamo il triplo (cioè facevo il mio che ho sempre fatto, affrontavo la crisi, e in più facevo anche il lavoro dei miei dipendenti) per mantenere comunque anche un futuro sia loro che mio, mentre loro stipendiati all’80% stavano a casa a guardare Netflix o a girare con la bicicletta nuova comprata con l’incentivo e lo stipendio anticipato da me. Ma questa “invidia sociale” al contrario, poi mi è passata, mi sono rimboccato le maniche ed ho trovato anche soddisfazione a sapere che un domani potevo contare di nuovo sul mio team, coi ragazzi coi quali sono cresciuto; ho trovato il mio equilibrio, che non sapevo fosse però instabile.

Negandomi la cassa integrazione dovrò pagare io (e non so nemmeno come) per dei dipendenti che: 1. non posso licenziare, 2. sono stati a casa mesi senza produrre o aiutare o far crescere l’azienda, 3. tutto questo a posteriori quindi senza darmi la possibilità di pianificare se e cosa fare con loro.

Magari, scusate, se avessi saputo che non ho diritto alla cassa integrazione (e perché poi? Forse i librai navigano nell’oro o non subiscono anche loro la crisi?), a parità di prezzo mi avrebbero almeno dato una mano. Io ci ho perso anche in salute fisica, come potrai immaginare. Economicamente stiamo parlando di migliaia e migliaia di euro che per una ditta come la mia possono portare in un attimo anche al fallimento. Che è evidente, è quello che vogliono; tanto poi sarò uno in più che avrà perso la propria libertà, imprenditoriale e non, e dovrà vivere di sussidi o magari di reddito di cittadinanza con dei debiti che nemmeno i figli dei miei figli riusciranno mai a ripagare.

Vogliono farmi morire come imprenditore e come persona, e pensi che tutto questo non abbia ripercussioni nella sfera emotiva e personale? Quanti piccoli imprenditori come me stanno vivendo questa cosa, nascosta agli occhi di tutti? In quanti, accumulando fatica su fatica, delusione su delusione, perdite economiche più o meno alte o più o meno affrontabili possono pensare anche ad estremi gesti?

Dici bene tu, basta essere zitti e muti. Questo sopruso deve finire! Bisogna che tutti sappiano cosa sta succedendo e sono pronto a portare la mia testimonianza sul tuo sito o alla tua trasmissione, o quantomeno ad una parola di conforto in una delle tue prelibatissime zuppe.
Grazie per avermi ascoltato e grazie per il tuo supporto quotidiano e per l’ottimo lavoro che fai.

Cordiali saluti

Davide Scilabra, 15 gennaio 2021

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