Ecco, ormai ci siamo: da questo momento non posso più esercitare il mio diritto/dovere di insegnare. Mi è stato tolto da chi mi chiama vigliacco, pur comportandosi come quei bulletti che, davvero molto vigliaccamente, ti insultano senza avere il coraggio di affrontarti, nella speranza che tu reagisca, per poter poi correre subito dalla maestra a piagnucolare “mi ha picchiato!”.
Mi è stato tolto da chi mi chiama vigliacco, pur non essendo in grado di affrontarmi come farebbe un vero uomo – non necessariamente a mani nude come si faceva una volta e come non farei mai, sia perché sono contrario ad ogni violenza, sia perché avrei pietà della sua conclamata inferiorità fisica e morale, bensì con la sola forza delle parole – senza nascondersi dietro agli sgherri che lo accompagnano in ogni momento della sua vita o dietro ad una telecamera.
Mi è stato tolto da chi mi chiama vigliacco, la cui immagine però, piccola e indifesa tanto da fare tenerezza, di fronte ad una donna che lo sovrasta con la sua ira, campeggia ancora indelebile nella mia mente.
Mi è stato tolto da chi, chiamandomi vigliacco, usa il ricatto per costringermi a barattare la mia libertà con la mia salute; che poi, a giudicare dal suo aspetto malaticcio e ruffiano, di salute e di libertà non deve saperne un granché… Il mio diritto/dovere di insegnare mi è stato tolto anche da chi pronuncia sentenze come “non si invochi la libertà”, cinque parole in fila che bastano a se stesse, non necessitando di alcuna proposizione subordinata per risultare già troppo sconvenienti sulla bocca di chiunque, e che non possono essere accettate in uno stato di diritto democratico, per nessun motivo.
Mi è stato tolto anche da chi parla di scelte d’amore, tollerando e promuovendo l’odio, nonché da giornalisti che celebrano un potere malato e offendono chi è ancora dotato di pensiero. Mi è stato tolto anche dai medici traviati, che hanno completamente dimenticato il giuramento di Ippocrate per trasformarsi in servili burocrati del male. Mi è stato tolto anche dalla maggior parte dei miei concittadini, che accettano come possibile, per se stessi e per gli altri, ogni più aberrante sopruso, e dai miei colleghi insegnanti, la quasi totalità, che hanno consentito la distruzione di quella scuola che dicono di amare tanto. Devo dire che il mio diritto/dovere mi è stato tolto anche dai molti che la pensano come me, perché un conto è parlare, un altro è agire…
Nel riflettere su tutto questo, però, mi viene in mente la lettera di quel padre francese rimasto vedovo in conseguenza degli attacchi di Parigi di qualche anno fa, e mi viene in mente anche una nota canzone italiana, di poco successiva, che ha trionfato in quel di Sanremo. Così mi accorgo anch’io che… non mi avete fatto niente. Anzi ripenso a quella frase che tutti noi, da bambini, pronunciavamo quando il solito bulletto (sempre lui) tentava di nuocerci in qualche maniera vigliacca, e questa frase, oggi, risuona nella mia mente con un senso nuovo e quanto mai appropriato: “non mi hai fatto niente, faccia di serpente!” E allora questa semplice frase, che ha un potere magico (come tutte le frasi infantili, ce lo dicono gli antropologi) la voglio ripetere come un
mantra:
non mi hai fatto niente, faccia di serpente
non mi hai fatto niente, faccia di serpente
non mi hai fatto niente, faccia di serpente…
Può essere che, così, questa formula magica, questo mantra ancestrale possa arrivare alle vostre orecchie, a tutti voi, che avete pensato di togliermi qualcosa, in maniera da annientare la vostra convinzione e da mostrarvi la differenza tra il mio coraggio e la vostra paura. Perché chi ha pensato di togliermi qualcosa in realtà si nutre delle nostre paure e non avrà certo la mia. Anche perché, se devo proprio essere sincero, l’unica paura che ho è quella di vivere secondo le vostre regole, il che significa anche che non ho alcuna paura di morire, se le regole devono essere le vostre (questo non significa, però, che io abbia la benché minima intenzione di suicidarmi, sia ben chiaro a tutti…).
Insomma non mi avete fatto niente. Non mi avete fatto niente perché mi avete regalato quel tempo che da anni mi rubate e, da musicista, potrò finalmente tornare a studiare quanto avrei sempre voluto, facendo risuonare nella mia casa le note di Beethoven, di Mozart, di Chopin, sapendo bene che ci saranno alcuni momenti – quei momenti in cui riuscirò davvero a farmi interprete del pensiero musicale di questi immensi geni, anche solo per un istante, anche solo per essere riuscito, una sola volta nella vita, ad eseguire un fraseggio il più vicino possibile alle intenzioni del suo autore – in cui sarò stato vicino a Dio (se un dio esiste) molto più di quello che tocca alla maggior parte degli esseri umani in un’intera vita. Certamente molto più di quello che potrebbe mai toccare a voi, destinati per l’eternità a rimanere lontanissimi da qualsiasi esperienza sublime, spirituale o divina, e questo per vostra stessa scelta. Che poi, in pratica, è uno dei motivi della vostra invidia e del vostro odio nei confronti del resto dell’umanità.