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Caro Porro, mi tolgono il diritto di insegnare - Terza parte

Non mi avete fatto niente perché, nel farmi considerare un paria dai miei simili, mi avete fatto capire chi vale la pena frequentare e chi no, rafforzandomi nell’idea che le bestie sono migliori degli uomini e consentendomi di godere per molte ore al giorno di chi mi vuole bene e dei miei compagni animali. Quel bene e quell’affetto che, ancora una volta, non conoscete e di conseguenza vi rende immensamente invidiosi.

Non mi avete fatto niente perché, nel costringermi alla difficile scelta tra il sottopormi alle vostre coercizioni e l’esercitare la mia libertà, mi avete definitivamente trasformato in un uomo libero. Ed ormai questa condizione – che so essere da voi particolarmente odiata – l’avete resa eterna ed immutabile, consapevoli che anche il giorno in cui, come può essere, farete ciò che vorrete di me, avrete soltanto il mio involucro e non la mia anima, cioè quello che davvero desiderate e che invece vi siete negati per sempre.

L’unica cosa che, davvero, mi avete tolto è la possibilità di avere un rapporto quotidiano con i miei studenti, che per me, non essendo padre, sono quanto di più simile ai figli si possa immaginare. Questo sì, questo me lo avete tolto. In cambio, però, mi avete fornito la più grande occasione della mia vita di insegnante, perché adesso, finalmente, posso impartire loro un’immensa lezione, la più grande di tutte: posso insegnare loro che una scuola che non sia democratica non è una scuola da frequentare, ma soprattutto che le regole, quando sono ingiuste e violente, quando sono coercitive, quando ledono le nostre libertà fondamentali o anche solo quando siamo fermamente convinti che siano sbagliate, non vanno rispettate, per nessuna ragione, anche a costo della propria vita.

Non mi avete fatto niente. Anzi: non mi hai fatto niente, faccia di serpente!

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