Caro Porro, questa politica ci rende impotenti

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Caro Nicola,

“Ormai non le penso più le alleanze, è una grande depressione”. Il giudizio di Vittorio Sgarbi sul Consiglio dei ministri notturno, ormai del 5 gennaio, a fine della prima puntata dell’anno di Quarta Repubblica, è la critica migliore, disincanta e profetica, al quadro storico in cui ci troviamo a vivere.

Sgarbi sintetizza a priori la profondissima malinconia che non è tanto la politica, ma l’inadeguatezza che a un certo punto mostra la corda: nonostante tante chiusure, tante prudenze, i morti sono cresciuti, l’epidemia non è diminuita e persino il vaccino non sembra allontanarla.

È un senso di impotenza molto malinconico, più che un fatto politico, “un’incertezza – dice Sgarbi – così universale che forse avremmo fatto meglio a vivere come abbiamo sempre vissuto, attraverso le malattie, non dando loro il peso per curarle così totale che ha investito la nostra vita: non serve! Avremmo fatto meglio a vivere e basta”.

Al contrario “abbiamo limitato e reso impotenti le nostre vite senza ragione: abbiamo chiuso tutto”, secondo scelte che non sono politiche, ma individuali. Così lo stare a casa si rivela una forma di fuga, quando invece “dobbiamo vivere”. Similmente Bernard-Henri Lévy scrive in Ce virus qui rend fou che la vita, la quale, “con tutti i toni possibili, ci è stato ingiunto di salvare restando a casa e resistendo al demone del rilassamento” è sì vita, “ma una vita nuda”. Agamben direbbe una vita esangue, quasi nulla.

Il virus che ha reso folle il mondo ha infatti un’origine nichilista, viene dall’Oriente e dalla sua filosofia di mandala, i disegni o cerchi di sabbia dei monaci buddisti che rappresentano l’universo: fatti con tanta perizia e poi cancellati, spazzati via. In tal modo il vento dell’Oriente ha spazzato l’Occidente, che non resiste più quale antica pianta come per la peste del Trecento.

Mentre la Cina si è già ripresa nella sua logica di ordine e distruzione, l’Occidente non si rialza più. Perché ha perso il suo cuore ed è nel pieno di un’altra profezia, quella di Nietzsche: Dio è morto. Il folle della Gaia Scienza non è più in anticipo sui tempi. E se Dio è morto, allora l’uomo può animalizzarsi.

Non c’è solo il superuomo, ma pure il sotto uomo. La vita nuda, esangue, quasi nulla. Al modo delle città deserte dei lockdown e dei coprifuoco. “L’inferno è vuoto”, si ripete seguendo un errore teologico; eppure tale affermazione è divenuta realtà sotto i nostri occhi. L’inferno fra le strade senza vita, vuote di vita. L’assenza di Dio fra le nostre vie. Il vuoto di Dio. Dio è morto. L’antica pianta, la croce fedele e gloriosa, il Signore che vince la morte, il Signore dei vivi, l’abbiamo fatto fuori.

Ecco la grande depressione. L’impotenza. La follia. Ascoltiamo la profezia di Sgarbi: dobbiamo tornare a vivere. E non vivere una qualunque vita, una sotto vita, una sopravvivenza che ceda su tutto il resto. Bensì una vita che frema. Una vita all’infinito.

Cordialmente.

Emanuele Giraldo, 9 gennaio 2021

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