La posta dei lettori

Caro Porro, sono ucraino (e non vaccinato): non voglio questa solidarietà ipocrita

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Caro Porro,

mi chiamo Andriy, sono ucraino, ho 40 anni e da 22 vivo a Roma. In questo periodo, su molti canali televisivi italiani, seguo i talk show (il nome stesso già dice molto) sulla guerra. Guardandoli attentamente ho notato una cosa tragicomica: caso strano è che la pièce della spettacolarizzazione di questa terribile tragedia per gli ucraini pare che abbia la stessa sceneggiatura usata per la narrazione della pandemia.

Quelli che per due anni si erano improvvisati infettivologi e biologi ora sono tutti esperti di guerra e di storia dell’Est. I protagonisti continuano a dividersi in due categorie: da una parte ci sono quelli che rappresentano il pensiero del politicamente corretto, condannano la guerra senza se e senza ma e si sgolano richiamando tutti alla solidarietà comune; poi ci sono quelli per cui i se e i ma rappresentano un dettaglio non secondario, ma vengono subito aggrediti e additati come i guerrafondai e putinisti, una specie di no vax di una volta.

A proposito di solidarietà! Tante persone che ora mi esprimono la loro solidarietà e mi si offrono per ogni tipo di aiuto sono stesse persone che per due anni – mentre io non vaccinato ero forzatamente rinchiuso dentro casa e letteralmente soffrivo la fame, senza un lavoro e senza dignità – si voltavano dall’altra parte, facendo finta di non accorgersene.

È possibile ci voglia una guerra per farci diventare tutti più buoni? A me personalmente questa solidarietà sa molto di ipocrisia, anzi, sembra quasi un sinonimo della parola falsità e in molti casi viene usata solo in funzione a quello che uno vuole sembrare e non essere.

Andriy, 10 marzo 2022