Caro Porro, da commensale in differita della Zuppa ormai da anni, mi permetto di scriverle, anche se in dissenso, non tanto sul caso specifico, fine vita in Toscana, ma sul senso della parola libertà.
Il discorso del fine vita è delicato e parlarne in modo generico e politicizzato come avviene in Toscana è un affronto a chi soffre e trasforma in retorica a basso prezzo il dolore che può essere atroce, di chi affronta un male che va dal mostro che ti mangia dentro e ti toglie capelli, speranza e, a volte dignità, fino a quel male oscuro che semplicemente ti toglie la voglia di vivere.
Ne parlo da testimone diretto, ho una sorella che ha un tumore al quarto stadio, condannata a morte da un tribunale che non ammette difesa, che ha trovato la forza di aiutare quelli che come lei vivono quest’incubo e tutte le sere riceve telefonate e messaggi da coloro che cercano in lei aiuto e sostegno. Partecipa ad un programma dell’istituto Veronesi per aiutare i malati che hanno bisogno di sostegno.
Ho il mio più caro amico, che ha avuto problemi fisici fin da quando è nato e che, quando gli hanno diagnosticato un problema al cuore, che gli avrebbe portato via la vita quest’anno, ha vissuto la notizia come una sorta di liberazione. Ed ora che i medici gli hanno detto che in realtà la sua vita non finirà quest’anno ma vivrà ancora, errore di diagnosi, è furioso perché sperava di smettere di soffrire. Io e le altre persone che gli vogliono bene abbiamo accolto la notizia con estrema gioia perché è una persona meravigliosa che ha dato tanto e continua a dare tanto a tutti quelli che lo conoscono.
Mi chiedo se la libertà possa significare togliere la vita a coloro che soffrono e impedire loro di aiutare gli altri, migliorare la vita degli altri con la loro sola presenza. Cosa darei per impedire a mia sorella di soffrire come sta facendo? Tutto. Cosa darei per impedire che il mio migliore amico viva una vita di rifiuti come ha vissuto? Tutto. Ma neppure per un istante toglierei a loro la possibilità di donare amore a chi li circonda. Questa non la considero libertà.
Cordiali saluti
Lorenzo
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