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Caro Porro, ti racconto il mio incontro con un “nuovo” povero

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Caro Porro,

mi chiamo Francesco e ho una caffetteria-vineria in provincia di Torino. Non scrivo qui per parlare dei sacrifici e delle difficoltà del momento, argomento che ahimè, chi conosce ben conosce, mentre chi dovrebbe conoscere si rifiuta di conoscere. Scrivo invece per un episodio vissuto ieri, in pieno centro a Torino, sul quale vale la pena riflettere.

Esco da un caffè, sono con la mia compagna, la sto accompagnando a lavorare per poi recarmi a fare delle compere. Incrociamo un ragazzo, la via di mezzo tra il nerd e il radical chic, ben vestito ma stropicciato, pulito ma disordinato, ha l’aria da brillante ma gli occhi assopiti. Insomma, un uomo che potremmo soprannominare “ossimoro”. È italiano, gentilmente mi chiede il permesso di parlarmi con il classico “posso rubarti un secondo”? “Bene”, penso io. Ecco il classico venditore di libri, eppure la Mondadori dista 500 metri sulla centrale Via Roma, un po’ troppo per incrociare quel genere di profilo lavorativo. Mi colpisce, è molto educato, posato. Gli do il via libera.

“Senti, io sono il ragazzo che sta dormendo là dietro, ho perso tutto, mi dai una mano per mangiare”? D’istinto, ma soprattutto per abitudine, rispondo dispiaciuto di essere anche io in difficoltà e di non poterlo aiutare. Mi guarda, e con tono ancora più pacato di prima mi dice: “ti stavo solo chiedendo una moneta per mangiare”. Non rispondo più, deglutisco, lui mi guarda, lo vedo con la coda dell’occhio. Se ne va. Faccio tutte le commissioni che dovevo fare in giornata, ma il pensiero di quel ragazzo mi assilla, quindi al mio ritorno mi metto a cercarlo nella stessa zona. Faccio tre giri dell’isolato a piedi, vedo una sola coperta buttata terra, ma di lui nessuna traccia. Volevo soltanto scusarmi e porgergli 5 euro, ma ormai il treno è passato e nulla posso fare, se non deglutire di nuovo.

Ecco, nella speranza che abbia trovato l’aiuto che io non ho saputo dargli, oggi mi chiedo se siamo davvero pronti per vedere questi nuovi poveri tra tutti noi, noi che ancora non sappiamo se il domani ci accomunerà con loro oppure se torneremo a vivere serenamente come ieri. Siamo pronti ad aiutare ragazzi italiani (non me ne vogliano gli stranieri, nulla di personale), giovani, istruiti ed educati a mangiare un panino? Siamo pronti a non aiutarli e a buttare giù il boccone amaro per tutto il giorno a causa del rimorso, del malcontento, della paura del domani e dei rimpianti di ieri? Io non ero pronto.

Io non voglio questo per me, per i miei figli e nemmeno per i miei genitori. Qualcuno indichi la via d’uscita, qualche Senatore, qualche tecnico del Governo, l’anziano Mattarella o perché no, magari il Papa in persona. Qualcuno deve spiegare all’Italia che i nuovi poveri siamo noi, che abbiamo avuto tutto, ma non abbiamo nulla. Fate presto, a forza di deglutire la bocca resta asciutta.

Francesco, 23 gennaio 2021

 

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