Caro Porro,
sono uno di quei privilegiati che hanno vissuto in affitto nella città universitaria dove si sono laureati. Abitavo (e ci sono tornato dopo l’Università) a Macomer e ho studiato a Sassari, circa 70km di distanza. La mia famiglia era considerata “benestante” e non ho mai avuto diritto alla casa dello studente, anche se in realtà i miei genitori erano due dipendenti statali (mamma insegnante delle superiori e babbo dipendente del consorzio industriale, un ente regionale).
Durante la mia vita universitaria ho cambiato 3 case, il budget era dato dai soldi che mi davano i miei e che dovevano durare fino alla fine del mese. Ritengo che la vita da fuori sede consenta ad un ragazzo di crescere, imparare a gestirsi (se stesso e le proprie finanze), ed anche a conoscere anche i propri diritti in quanto affittuario. Sicuramente da studente non avevo il tempo di accamparmi in tenda fuori dall’Università, non si poteva pensare di sprecare il tempo in proteste inutili sottraendolo allo studio e perdendo ulteriori denari.
I miei genitori mi hanno sempre responsabilizzato in questo senso e utilizzato l’essere fuori sede come un premio. Ricordo ancora la “minaccia” di mia mamma che diceva che qualora non avessi studiato avrebbero smesso di pagarmi l’affitto e mi avrebbero costretto a viaggiare. Mi sono laureato nel 2004 in Medicina Veterinaria, oggi con mia moglie, conosciuta proprio all’Università, abbiamo due figlie che mi auguro vogliano fare le stesse esperienze che abbiamo fatto noi, vivendo la vita da universitari con tutto quello che comporta, sicuramente al momento rispolvererò la frase di mia mamma “o studi o viaggi”. Grazie per la tua attenta informazione.
Arturo