Politica

Caro Salvini, facciamo una Lega thatcheriana - Seconda parte

L’alternativa non è solo tra populismo e neo-Dc: Salvini costruisca i “liberisti nazionali”

Diamine, ecco una linea politica che sfugge alla strettoia in cui i numerosi nemici vogliono infilare la Lega, anti-establishment sterile o establishment gattopardesco. Di più, ecco una grande avventura culturale da rivendicare, in qualcosa come “l’assemblea programmatica” annunciata da Salvini per l’11 e il 12 dicembre. Un momento-culmine che dovrà “sancire, aggiornare e decidere i binari su cui viaggiare”, secondo le parole del segretario. Allora, la provocazione che potrebbe lanciare qualcuno dei quattro e spelacchiati gatti liberali-liberisti-libertari (che poi a ben vedere sono un po’ più di quattro, visto il consenso che ebbero Forza Italia e il PdL in quelle non molte occasioni dove rivendicarono limpidamente certe parole d’ordine) suona: caro Salvini, viaggiamo su binari thatcheriani. Ripartiamo da lì, da quell’eredità, costruiamo fino in fondo un partito che dia corpo e voce a quella maggioranza silenziosa che vuole intraprendere, lavorare e godere i frutti del proprio lavoro, senza che si metta di mezzo un politicante romano con l’ennesima patrimoniale mascherata, o un oligarca europeo con la velleità di stabilire il corretto diametro degli ortaggi (è successo, non è distopia del cronista).

Né sovranisti apocalittici né liberali integrati, né all’assalto del Palazzo né chiusi dentro col successore della Merkel, ma liberisti nazionali, per la libertà d’impresa e per quella dei popoli. È qualcosa che Salvini ha già prefigurato, anche al termine del famigerato consiglio federale, la resa dei conti immaginaria con Giorgetti: “Il futuro che abbiamo in testa è un governo liberale di centrodestra, fondato su alcuni valori: la difesa della famiglia, delle libertà e il taglio delle tasse”. Benissimo, facciamo un atto davvero futurista, ricordiamoci di Maggie.

Giovanni Sallusti, 6 novembre 2021

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