Quando ho appreso che il ministro Urso ha chiesto 500mila euro di risarcimento al Foglio, reo di averne modificato il cognome in Urss, ho pensato che fosse uno scherzo giornalistico di cattivo gusto. Non potevo infatti credere che un politico di lungo corso, membro di un governo che si propone come una solida alternativa alla sinistra statalista, commettesse un errore comunicativo tanto grave, regalando alla stessa sinistra, interessata da tempo da una evidente involuzione radicale, un formidabile argomento propagandistico.
Eppure ciò è accaduto sul serio. Il titolare del dicastero delle Imprese e del Made in Italy, dopo aver inanellato una impressionante sequela di provvedimenti di stampo dirigista, alcuni dei quali abortiti sul nascere – provvedimenti che hanno indotto il quotidiano diretto da Claudio Cerasa ha storpiarne ironicamente il cognome – , ha pensato bene di querelare il Foglio, chiedendo un risarcimento di ben 500mila euro trattabili.
In particolare lo stesso Urso, come sostiene l’autore dell’articolo incriminato, Luciano Capone, avrebbe implicitamente cercato di far passare l’idea che dietro il nomignolo si celasse una sorta di piccolo complotto giornalistico, dato che anche su un articolo del Riformista, pubblicato lo stesso giorno, venne utilizzano il medesimo nomignolo. Tuttavia lo stesso Capone, sostenendo di aver appellato in tal modo Urso più volte in passato, ha sottolineato l’insofferenza del ministro nei riguardi delle critiche, tanto da spingerlo a intentare “una causa da mezzo milione di euro a chi contesta le sue politiche”.
Ebbene, proprio in quest’ultimo passaggio si evidenzia la colossale topica di Urso la quale, mettendo in serio imbarazzo l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, rappresenta un inaspettato regalo a quella parte dell’opposizione, grancasse mediatiche comprese, che da tempo straparla di una surreale svolta autoritaria portata avanti da chi attualmente occupa la stanza dei bottoni.
Un tema assolutamente inventato, il quale si lega alla trita retorica antifascista e resistenziale, ma che ha comunque consentito alla Schlein di salvare la sua traballante leadership, ricompattando il disorientato popolo di sinistra dietro uno sterile paravento di parole d’ordine. Quindi, da questo punto di vista, l’improvvida iniziativa di Urso non fa altro che offrire il “destro” ad una opposizione radicale che, pur in assenza di proposte concrete da presentare al Paese, non si lascerà certo sfuggire l’occasione di attaccare un governo che, attraverso il genio incompreso di Urso, vorrebbe mettere il “bavaglio” alla stampa.
In tal senso, la cosa ragionevole da fare è quella di ritirare in un nano secondo una querela che non sembra stare né in cielo e né in terra, Egregio ministro.
Claudio Romiti, 14 giugno 2024