Caro Segretario Zingaretti,
non ho alcun titolo per scriverle, se non quello di essere un vecchio signore che continua ad amare l’Italia, anzi, dopo le ultime dolorose ferite, la ama ancor di più. Avendo il privilegio di essere stato per tutta la vita un apòta, quindi esente da ideologie e da ambizioni politiche personali, sono interessato a una sola cosa: veder uscire il “mio” Paese da questa situazione di giornaliero chiacchiericcio sul nulla e ovvio stallo politico. Il modo? L’unico democratico: far decidere i cittadini.
Mi creda, non possiamo più accettare di essere governati da una specie di Troika populista: un artista di varietà, un imprenditore digitale, un avvocato, nessuno di loro eletto. Intendiamoci persone degne, ma fuori scala rispetto ai tempi e ai problemi. Questa Troika sovraintende un gran numero di parlamentari eletti, oggi alla sbando. Purtroppo, in questi quasi due anni sono emersi, in termini di execution politico-operativa, tutti i loro limiti (mancanza di spessore politico culturale e totale assenza dei “fondamentali” minimi per gestire, non dico uno Stato, ma una cartolibreria). Non parliamo, per carità di patria, di questi ultimi quattro mesi. Non hanno ancora compreso la differenza fra sogno e realtà, fra ideologie elementari ed execution professionali: l’ultimo, il caso Ilva è da brividi. Un caso simile non deve più succedere, non lo meritiamo.
Il paese ha bisogno di un grande “rammendo” nelle sue articolazioni politiche, economiche, culturali, sociali, soprattutto umane. Abbiamo bisogno di riflessione, lavoro, silenzio. E da subito, visto che il mondo sta implodendo, sempre più fragile, sempre più esplosivo. Sarebbe meglio farlo con un nuovo governo, dopo che i cittadini avranno deciso se confermare o se modificare il loro voto del 4 marzo 2018. Caro Segretario, come ci hanno insegnato alle medie, in matematica “mai saltare i passaggi”.