I cubani all’estero potrebbero perdere la loro casa sull’isola (fonte articolo di Nora Gámez Torres)
Contrariamente a quanto riportato da alcuni media (l’agenzia di stampa spagnola EFE ed alcuni italiani) la proposta di legge sull’immigrazione pubblicata la scorsa settimana dal Parlamento di Cuba e che sarà votata a luglio, non rimuove le restrizioni sui diritti per i cubani che vivono all’estero e, anzi, include nuove disposizioni che potrebbero mettere in pericolo i diritti di proprietà di molti che hanno lasciato la dittatura negli ultimi anni.
Vero è che la bozza ha eliminato il termine di due anni come tempo autorizzato per essere all’estero prima che i cubani siano considerati “emigrati” e spogliati della loro residenza, delle proprietà e dei diritti politici. Quella disposizione temporale, che era stata sospesa in realtà già nel 2020 (ovvero quattro anni fa), è stata però sostituita nella proposta dalla nozione molto più rigorosa di «residenza effettiva migratoria», che richiede di trascorrere “la maggior parte del tempo” di un anno solare nel paese o una combinazione di tempo e «altre prove materiali che dimostrano radici nel paese» (a Cuba, ndr) .
Con le nuove regole, coloro che sono classificati come “residenti all’estero”, ovvero una gran parte degli immigrati recenti, non saranno in grado di mantenere la loro residenza sull’isola come prima, lasciando aperta la questione dei diritti di proprietà. Attualmente, solo i cubani con residenza permanente possono infatti essere proprietari di case o di aziende private. In un programma della tv statale, un alto funzionario del Ministero dell’Interno, il tenente colonnello Raylan Hernández Concepción, ha eluso le domande sui diritti di proprietà. «La legge non ha alcuna relazione diretta con l’esercizio dei diritti patrimoniali», ha detto quando la presentatrice gli ha chiesto se con la nuova legge i cubani che vivono all’estero «non perderebbero più i loro diritti qui».
Il capo della sezione immigrazione del Ministero dell’Interno, il colonnello Roberto Aguilera Puig, ha chiarito che l’intenzione è in realtà di inasprire i controlli su chi può ottenere la residenza permanente sull’isola, spiegando che il requisito di «residenza effettiva» permette al Ministero di sapere più accuratamente chi risiede nel paese. Un altro «beneficio», ha dichiarato, è che chiude due vie legali che in precedenza permettevano agli esuli cubani di mantenere la loro residenza permanente sull’isola senza smettere di risiedere e passare gran parte del loro tempo all’estero: ovvero il permesso speciale per vivere all’estero, il cosiddetto PRE, e il processo noto come «rimpatrio».
La «residenza effettiva», ha dichiarato il colonnello Roberto Aguilera Puig, permette di «risolvere la contraddizione giuridica di considerare i cittadini cubani che con lo status di residenti all’estero mantengono il domicilio a Cuba». I cubani residenti all’estero avranno dunque 180 giorni per decidere se tornare nel paese e «sottoporsi» alle nuove norme di residenza effettiva o essere considerati residenti all’estero, ha spiegato il tenente colonnello Raylan Hernández Concepción.
Diversi rapporti dei media hanno invece dato grande risalto all’eliminazione della restrizione di 24 mesi, concludendo non è dato sapere su quali basi che la proposta di legge sull’immigrazione permetterebbe ai cubani all’estero di mantenere le loro proprietà sull’isola. «Il fatto di aver eliminato il termine di 24 mesi non significa che la politica migratoria del regime cubano sia cambiata», ha spiegato Eloy Viera Cañive, avvocato cubano e collaboratore del sito El Toque, aggiungendo che «la logica del regime cubano di limitare i diritti degli emigrati non è cambiata. Dovremo aspettare la futura regolamentazione o le modifiche di altri regolamenti per avere un quadro chiaro».
Paolo Manzo, 26 giugno 2024
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