Giugno è – insieme con dicembre – il mese dell’Imu. La patrimoniale sugli immobili raggiungerà quest’anno un gettito complessivo (2012-2022) di circa 250 miliardi di euro. Se fosse rimasta l’Ici, nello stesso periodo di tempo non si sarebbero superati i 100 miliardi (e pensare che la manovra Monti la indicava, nella rubrica dell’articolo, come anticipazione “sperimentale” dell’imposta municipale propria…).
Duecentocinquanta miliardi. Un fiume di denaro prelevato dalle tasche dei cittadini sul presupposto del mero possesso di un bene e preteso anche nelle situazioni di più estrema difficoltà come quelle che si stanno vivendo dal marzo del 2020. L’Imu, infatti, non è stata risparmiata neppure a chi ha perso il lavoro o, pur mantenendo in piedi un’attività autonoma, ha visto comprimersi o addirittura azzerarsi le entrate. Ed è tuttora richiesta anche ai proprietari (si fa per dire) degli immobili occupati abusivamente (successivamente a una locazione o in seguito a un vero e proprio reato), di quelli inagibili o inabitabili, di quelli vuoti perché privi di mercato (e quindi invendibili e inaffittabili).
Ma a qualcuno ancora non basta. Eh sì, perché i fautori di un ulteriore incremento della tassazione patrimoniale sugli immobili sono sempre in agguato. Recentemente si è nuovamente manifestata la Commissione europea, in occasione della formulazioni delle periodiche “raccomandazioni” all’Italia.
Leggiamo alcune chicche in sequenza: “Rispetto ad altri Stati membri dell’Ue, il cuneo fiscale sul lavoro rimane molto elevato a tutti i livelli di reddito, mentre fonti di gettito di altra natura, meno dannose per la crescita, sono sottoutilizzate, il che lascia margini per ulteriori riduzioni degli oneri fiscali sul lavoro senza aggravi di bilancio. I valori catastali, che fungono da base per il calcolo dell’imposta sui beni immobili, sono in gran parte obsoleti”. Traduzione: per abbassare le tasse sul lavoro basta alzare quelle sugli immobili.
E poi: “Nel contesto di un elevato tasso di proprietà delle abitazioni, le prime abitazioni sono esentate dalle imposte patrimoniali ricorrenti per quasi tutti gli immobili e la base imponibile corrispondente è obsoleta. I dati pertinenti sui beni immobili sono stati raccolti in un’unica piattaforma digitale, ma non sono ancora stati effettuati aggiornamenti dei valori catastali”. Traduzione: dovete rimettere l’Imu sulla prima casa.
Infine, la raccomandazione al nostro Paese: “Adottare e attuare adeguatamente la legge delega sulla riforma fiscale per ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro e aumentare l’efficienza del sistema, in particolare mediante una revisione delle aliquote d’imposta marginali effettive, l’allineamento dei valori catastali ai valori di mercato correnti, la razionalizzazione e la riduzione delle spese fiscali, anche per l’Iva, e delle sovvenzioni dannose per l’ambiente, assicurando comunque equità, e la riduzione della complessità del codice tributario”. Traduzione: usate il catasto per aumentare la patrimoniale Monti.
Insomma, checché ne dica il Commissario (italiano) all’economia, Paolo Gentiloni (“Non c’è nessuna richiesta dell’Europa di aumentare le tasse sulla casa, di nessun tipo, in nessun anfratto delle centinaia e centinaia di pagine di raccomandazioni che facciamo”: questa la sua incredibile dichiarazione riportata dall’Ansa lo scorso 25 maggio), per la Ue i 22 miliardi l’anno di Imu, che si aggiungono a un’altra trentina fra imposte dirette e indirette, non sono ancora sufficienti. Bisogna spremere ancora di più.
E allora, con una riforma fiscale ancora in ballo in Parlamento e le elezioni politiche alle porte, le forze politiche scelgano da che parte stare: da quella dei risparmiatori o da quella dei loro nemici.
Giorgio Spaziani Testa, 8 giugno 2022