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Caso Barbero, la bugia del vaccino come dovere sociale

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In un dibattito in videoconferenza con Alessandro Barbero, uno dei più autorevoli accademici che hanno sottoscritto un appello contro il passaporto sanitario nelle università, Paolo Flores d’Arcais ha sostenuto che “chi non si vaccina compie un atto ostile nei confronti delle persone che si sono vaccinate, ben più grave di quello di chi, per esempio, fuma in un locale pubblico.” Giudicando inoltre il vaccino l’unica arma per vincere la guerra al Covid-19, il direttore di MicroMega ha sottolineato la stringente necessità di discriminare chi non si vaccina, escludendolo di fatto dalla vita sociale. Ed in merito ai ben poco rassicuranti numeri sulla pandemia che giungono da varie parti del mondo, il nostro ha chiuso il suo intervento introduttivo con un assioma tipico dei suoi trascorsi da sessantottino, sostenendo che lo spettro dei lockdown starebbe facendo capolino in alcuni Paesi perché non si sono prese le misure del vaccino obbligatorio.

Ora, in primis, sarebbe interessante capire la logica di questo fenomeno dalla sicumera inossidabile. Se infatti il vaccino protegge essenzialmente dalla malattia grave e non dal contagio, fatto oramai conclamato, al massimo il non vaccinato commetterebbe un atto ostile verso se stesso rinunciando a farsi proteggere. Inoltre, sempre partendo dal presupposto che anche i vaccinati trasmettono il contagio, per quale ragione sanitaria dovremmo escludere i soggetti che non si vogliono vaccinare dalla vita sociale? E la risposta mi sembra evidente: perché non è affatto una ragione sanitaria. Si tratta al contrario di motivazioni chiaramente politiche le quali con la pandemia, da tempo sotto controllo, c’entrano ben poco. 

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