Decine, forse centinaia di articoli. Migliaia di fogli scritti. Litri di inchiostro versato. Polemiche su polemiche per il “caso camici” di Attilio Fontana. Tutto inutile. Tutto ridondante. Tutto prosciolto. La notizia è questa: la Corte di Appello di Milano ha confermato oggi i proscioglimenti già stabiliti dal Gup Chiara Valori nei confronti del presidente della Regione Lombardia e di altri quattro co-imputati. Erano stati accusati dai magistrati, e condannati dalla libera stampa, per frode in pubbliche forniture dei camici durante il Covid. Una farsa.
Breve riassunto. Secondo i pm Furno-Filippini-Scalas, coordinati dall’allora aggiunto Maurizio Romanelli, il presidente Fontana avrebbe partecipato a questa presunta frode per la fornitura di 75mila camici per un valore di 513 mila euro. Il contratto di fornitura risale al 16 aprile 2020, in piena ondata pandemica, e riguarda la società Dama (di proprietà del cognato Andrea Dini) con la centrale di acquisti regionale Aria. Il contratto era stato trasformato poi in una “donazione” con la consegna di 50mila camici gratuiti. Da qui l’accusa. L’udienza preliminare aveva disposto una sentenza di non luogo a procedere “perché il fatto non susssite” per tutti i co-imputati: il presidente Fontana, ma anche lo stesso Dini, l’ex dg di Aria Filippo Bongiovanni, la dirigente Carmen Schweigl e il vicario del segretario generale di Palazzo Lombardia, Pier Attilio Superti. La “trasformazione” da fornitura in donazione alla centrale acquisti regionale dei camici da parte di Dama spa, spiegava il gup nelle motivazioni, “si è realizzata con una novazione contrattuale che è stata operata in chiaro, portata a conoscenza delle parti, non simulata ma espressamente dichiarata”. Insomma: non ci fu alcun “inganno”. Di più: nel caso Camici “pare difettare in toto la dissimulazione del supposto inadempimento contrattuale”. Oggi la conferma in appello, le cui motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.
Esultano i legali di Fontana. “Il presidente è stato per tre anni su una graticola per una vicenda che dal punto di vista della rilevanza penale non aveva nulla”, ha detto l’avvocato Jacopo Pensa, co-difensore insieme a Federico Papa. “Siamo molto soddisfatti per l’esito su cui francamente non avevamo dubbi”.
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