“Ma perché, Gozi era italiano?”, “Non lavorava già per Parigi?”, “Speriamo che Macron si prenda pure Orfini e Morani”. Sono solo alcuni degli sfottò seguiti alla notizia che Sandro Gozi, già parlamentare italiano e sottosegretario dei governi Renzi e Gentiloni con delega agli Affari europei, entrerà a far parte del gabinetto del Primo Ministro francese Edouarde Philippe e che anche lì, come nei governi del Pd, si occuperà di Europa: ma non servendo lo stesso paese.
Chiariamo subito, per amore di verità, che l’incarico di chargé de mission non è equiparabile a quello di un sottosegretario o ancor meno di un ministro. Tanto più che sarebbe a tempo, visto che Gozi, già candidatosi alle ultime europee con il partito di Macron, è il primo dei non eletti ed entrerà a Strasburgo non appena Uk lascerà la Ue.
Detto questo, non buttiamola in caciara. La questione è piccola ma seria, per cui hanno fatto benissimo diversi parlamentari ed esponenti politici, Giorgia Meloni su tutti, a denunciare. Non è tanto questione di “segreti” che Gozi potrebbe rivelare a Macron, come qualcuno ha detto: quando i segreti si vogliono trasmettere, non si esce alla luce del sole, e poi sai che piani nascosti circolano agli Affari europei.
No, il fatto è serio per altre ragioni: da un lato, è un chiaro segnale di ostilità e quasi di sberleffo del governo francese nei nostri confronti. Dall’altro, il caso Gozi indica la vera natura del Pd, una organizzazione senza storia né patria, a tutti gli effetti un “partito dello straniero”. Segno di ostilità. A mia memoria non ricordo casi di ministri o sottosegretario che, poco tempo dopo aver servito il loro paese, entravano, sia pure in un ruoli subalterni, in quello di altri: ma può essere accaduto nei paesi comunisti del Patto di Varsavia, dove vigeva l’”internazionalismo proletario”, manovrato da Mosca ovvio.
Se la cosa non è mai accaduta è perché nel perimetro della nazione che si esercita la Politica in una democrazia: la rappresentanza, se vogliamo la sovranità popolare, è prima di tutto sovranità nazionale. I fautori degli Stati Uniti d’Europa – tra cui Gozi – possono dire quello che vogliono ma ad oggi sono rarissimi persino i casi di parlamentari stranieri eletti nelle liste delle Europee, figuriamoci ministri che si spostano da un paese all’altro. Ma una cosa è essere eletto nella lista di un’altra nazione per un incarico rappresentativo come quello di parlamentare, ben altra entrare nel governo di un paese straniero. Se Macron ha compiuto quel gesto è quindi per lanciare un segnale di minaccia all’Italia. La stessa logica che ha portato David Sassoli alla elezione a Presidente del Parlamento europeo.
La natura del Pd. Non occorreva il caso Gozi per rendersi conto che il Nazareno è il vero autentico partito dello straniero. Un partito senza storia, perché fondendo a freddo post comunisti e democristiani di sinistra, ha reso obbligatorio cancellare il passato, dopo patetici tentativi di costruire una genealogia che tenesse assieme Togliatti e De Gasperi. Un partito senza patria perché affidatosi anima e corpo alla Ue e, quando alla Casa bianca c’era Obama, agli Stati Uniti: i provvedimenti dei governi del Pd si potrebbero dividere in quelli pro Usa, pro Francia, pro Germania.
Mentre fino al 2017 nel Pd, un assemblaggio di corporazioni e di pezzi di establishment più che un vero partito, erano visibili una corrente americana, una tedesca, una francese (ma ve n’è pure una pro Iran!) con la vittoria di Macron il Nazareno si è trasformato di fatto in un’appendice di Parigi, come si è visto negli innumerevoli favori del governo Gentiloni, anche in politica estera alla Francia e nella condotta del Pd da quando è all’opposizione.
Essere francesi, per carità, non disdegna l’amore verso la Germania, quando occorre, come si è visto con la salita a bordo dei parlamentari Pd sulla Sea Watch 3 capitanata da Carola. Per il Pd però è soprattutto “Parigi o cara”, è lì, come una volta era per il Pci da cui molti di loro vengono, la nuova Mosca. Gli elettori in buona fede (tanti) del Pd lo sappiano. E facciano due conti, se essere rappresentati da parlamentari italiani o da quelli che, come i loro antenati satireggiati da Vittorio Alfieri nel poema Misogallo, si mettono il berretto frigio e piantano gli alberi della Libertà per servire i napoleoncini di turno.
Marco Gervasoni, 31 luglio 2019