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Caso Gregoretti: ora i giallorossi scagionano Salvini

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Nell’aula bunker del carcere Bicocca di Catania si è celebrata la terza udienza del procedimento a carico di Matteo Salvini per sequestro di persona e abuso in atti di ufficio. I fatti contestati risalgono all’estate del 2019, quando il titolare del Viminale negò lo sbarco dei migranti, ospitati dalla nave della Guardia Costiera Gregoretti, nel rispetto della legge allora vigente.

Durante l’udienza preliminare sono stati ascoltati il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e l’ex vicepremier del governo gialloverde Luigi Di Maio. La Lamorgese nell’audizione ha dichiarato che «c’è una continuità di azione fra i casi Diciotti, Gregoretti e Ocean Viking», confermando in sostanza la versione del leader leghista sulla collegialità di una volontà politica che si incardinava in una procedura condizionata: lo sbarco era subordinato all’impegno dell’Europa a redistribuire ed accogliere. Di Maio ha riferito che la questione degli sbarchi veniva affrontata nella ricerca collegiale di una soluzione a livello comunitario, ammettendo che operava un confronto interno al governo che infirma l’impianto accusatorio sul presunto illecito ascrivibile alla soggettività dell’ex ministro Salvini.

Le dichiarazioni di Di Maio ribadiscono il perimetro di una volontà politica condivisa nel governo e, dunque, non sindacabile dall’autorità giudiziaria. L’esponente dei 5 Stelle dovrebbe spiegare le ragioni del voto favorevole all’autorizzazione a procedere contro Salvini, considerando la “confessione” di correità rilasciata al carcere del capoluogo etneo. Probabile che la nuova stagione “draghiana” abbia favorito il clima di appeasement con il corrivo accusatore. La ragion di governo schiaccia quella del giustizialismo ideologico.

Andrea Amata, 19 febbraio 2021

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