Cronaca

Caso Indi, la squallida ironia del giudice inglese

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“Caro signor Corradini, grazie per la sua lettera del 9 novembre in cui, in base all’articolo 9 della Convenzione dell’Aja del 1996, richiede di essere autorizzato a esercitare la giurisdizione allo scopo di fare i passi necessari per trasferire Indi Gregory in Italia. Avrà certamente sentito che molto tristemente Indi Gregory è morta domenica notte, prime ore di lunedì. Il mio pensiero va alla sua famiglia. Date le circostanze, presumo che lei non desideri procedere con la sua richiesta di cui all’articolo 9. In attesa di sue notizie, cordiali saluti”.

Questa è la lettera scritta dal “giudice” Peel, lo stesso che ha ordinato di staccare la spina alla piccola Indi. Una lettera in cui risponde al console italiano Corradini, il giudice tutelare di Indi da parte italiana, che gli aveva richiesto, cinque giorni fa, di cedergli la giurisdizione sul caso ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione dell’Aja del 1996. Una lettera non solo datata al 13 novembre, giorno della morte di Indi, ma anche intrisa di una triste nota sarcastica “date le circostanze, presumo che lei non desideri procedere con la sua richiesta di cui all’articolo 9. In attesa di sue notizie, cordiali saluti”. Parole che non qualificano solo il suo autore ma l’intero sistema giudiziario inglese, lo stesso che, infatti, ha manifestato la sua disumanità contro Charlie Gard (10 mesi), Alfie Evans (23 mesi), Archie Battersbee (12 anni).

Questi sono solo i casi a noi conosciuti grazie al rumore mediatico che, ahimè, non è stato capace di salvare vite stroncate prima ancora di essere vissute. Una lettera che non solo dimostra la disumanità esercitata “nel miglior interesse del bambino” ma conferma altresì la denuncia fatta dal padre della piccola Indi in un’intervista rilasciata a La Nuova Bussola Quotidiana, pochi giorni prima della morte della figlia. “Erano molto irritati e hanno chiarito che non l’avrebbero lasciata andare. Sembrava che fosse in gioco la loro reputazione e non potevano permettere che si creasse un precedente che potesse incoraggiare altri a seguire l’esempio, quindi dovevano punirci. Hanno addotto scuse come il fatto che spostarla fosse troppo pericoloso. A loro dire, spostare Indi solo per il breve tratto dall’ospedale all’hospice era problematico; quindi, il lungo viaggio in Italia era fuori questione. Hanno detto che l’intervento di cardiochirurgia, che era stato raccomandato da altri medici e che sarebbe stato fatto in Italia, era inutile. Dicevano che era un prolungamento dell’inevitabile perché la malattia non può essere curata. È vero, so che non c’è una cura, ma so anche che la malattia può essere gestita, come succede con il diabete o l’asma per i quali non c’è una cura. Ma se si uccidono tutti i pazienti con la malattia, come faranno i medici a trovare una cura?”

È così che Dean Gregory aveva risposto alla domanda concernente la reazione dei medici inglesi quando erano venuti a conoscenza che il Bambino Gesù sarebbe stato disposto ad accogliere e curare la piccola. “Sembrava che fosse in gioco la loro reputazione e non potevano permettere che si creasse un precedente che potesse incoraggiare altri a seguire l’esempio, quindi dovevano punirci”. Parole che richiamano perfettamente la squallida ironia del giudice inglese nel dare risposta all’ Italia. Infatti, ai garanti della cultura dell’eutanasia, che non risparmia neanche i piccoli, sempre ovviamente nel “Best interest of childe”, non è bastata la vittoria contro l’avversario ossia l’Italia ma era giusto anche umiliarla.

Condotta che conferma altre dichiarazioni di Dean Gregory, sempre nell’intervista alla Bussola. “(…) quando ero in tribunale mi sembrava di essere stato trascinato all’inferno. Ho pensato che se l’inferno esiste, allora deve esistere anche il paradiso. Era come se il diavolo fosse lì. Ho pensato che se esiste il diavolo allora deve esistere Dio”. Per questo motivo ha deciso di battezzare la bambina ma lo avrebbe fatto anche lui “vogliamo essere protetti in questa vita e andare in paradiso”. Essere protetti da chi, alla fine, dovrebbe essere la roccaforte della difesa della vita umana: sistema medico e giudiziario. Gli stessi sistemi che hanno portato un loro cittadino a dichiarare “il Regno Unito ha voltato le spalle a Indi e l’Italia è arrivata a dare una mano. Mi ha restituito la fiducia nell’umanità, ma mi ha fatto sentire in imbarazzo per essere britannico”.

Quell’Italia che è stata sbeffeggiata da un giudice che ha dimostrato come, prima di indossare toga e parrucca, sia necessario vestirsi di umanità. Ecco perché “il giudice” Peel e la sua cricca di indossatori di toga e parrucca nonché di camici bianchi hanno ben poco da ridere, visto che il Regno Unito ha sì lasciato il segno ma per la sua barbarie. Un giudizio che, sicuramente, non avrà l’Italia, in primis da parte di un loro connazionale, il padre di Indi. “L’Italia ci dà forza e coraggio per combattere l’ingiustizia di cui è vittima la mia bella bambina Indi. Siamo sopraffatti dal sostegno che ci viene dall’Italia e aver fatto di Indi una cittadina italiana mi commuove fino alle lacrime. Ti amiamo Italia”.

Nemes Sicari, 16 novembre 2023