Cultura, tv e spettacoli

Caso La Russa, polemica inutile: ha ragione Filippo Facci

L’editorialista di Libero crocifisso per una frase sulla denuncia contro il figlio di La Russa. La sinistra grida alla misoginia (ma sbaglia)

Filippo Facci e il caso La Russa

Per capire quanto sia pretestuosa la tempesta che ha investito Filippo Facci basterebbe partire dalle date. L’editorialista di Libero dedica con la sua penna un articolo in prima pagina al caso di Leonardo Apache La Russa, figlio di Ignazio presidente del Senato, e lo fa sabato 8 luglio. Scrive ciò che scrive, nel modo in cui solitamente Facci lo scrive, ovvero senza mezzi termini. Per un giorno intero nessuno ci vede nulla di sbagliato e il pezzo passa inosservato all’attenta (si spera) lettura dei quotidiani da parte di centinaia di giornalisti benpensanti che ogni mattina realizzano la rassegna stampa. Poi all’improvviso, domenica 9 luglio, ben oltre 24 ore dopo la pubblicazione, quando i quotidiani son buoni solo per incartare il pesce, ecco che si sveglia Sandro Ruotolo, responsabile informazione del Pd, scandalizzato da Facci e convinto che la Rai non possa dare un programma tv “a chi fa vittimizzazione secondaria” della ragazza che accusa lo stupro. Da lì è una valanga. Editoriali. Lanci di agenzia. Critiche. Urla scandalizzate a scoppio ritardato. Perfette per sollevare un polverone attorno alla presunta “Telemeloni”.

Filippo Facci viene accusato di tre reati gravissimi: sessismo, razzismo e apologia del pensiero fascista. Senza dimenticare la “vittimizzazione secondaria”, illecito sconosciuto ai più fino all’altro ieri. Direte: che avrà scritto mai l’editorialista di Libero per riuscire a infrangere in maniera così brutale il codice penale? Testuale: “Una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa”. Tutto qui. Ora, di sicuro l’espressione utilizzata “essere fatta” non è di quelle che troverete sui gazzettini parrocchiali distribuiti la domenica all’uscita dalla Messa. Questione stilistica. Ed è pure lecito che qualcuno la trovi fastidiosa, anche se rientra perfettamente nello stile dissacrante di Libero. Ma da qui a crearne un caso, addirittura meritevole di segnalazione al consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti, ce ne passa. Primo, perché non bastano due parole a qualificare un intero articolo. Secondo: perché sarebbe bastato leggere il pezzo per intero per capire che “vittimizzazione secondaria”, razzismo e fascismo in questo caso non c’entrano un fico secco.

Per approfondire

Nel suo ragionamento infatti Facci sosteneva qualcosa di semplice, benché non da tutti condivisibile. Ovvero che “il presunto stupratore e la presunta stuprata potrebbero aver detto entrambi la verità o essere convinti di averla detta, ricordata o ricostruita”. È la storia dei processi: Tizio accusa Caio di un reato, i magistrati cercano le prove, i giudici decidono. Ma non basta la denuncia di Tizia, per quanto possa essere orribile il reato contestato, a condannare Caio. Così come può essere discutibile, ma non certo sessista, l’analisi di Facci secondo cui “il racconto di lei sarà reso equivoco dalla polvere presa prima di entrare in discoteca”. A maggior ragione se si considera che, nello stesso articolo, il giornalista di Libero riservava anche una critica ad Ignazio La Russa e alla linea difensiva di chi fa notare che tra il fatto e la denuncia siano passati quaranta giorni. “Le sentenze italiane spiegano che uno stupro non implica comportamenti codificati, tipo rinunciare a prendersi un po’ di tempo per decidere se denunciare o no”. Dove sarebbe la “vittimizzazione secondaria”?

Sintesi finale. Ha ragione Filippo Facci ad affermare che oggi, forse, quella frase non la riscriverebbe allo stesso modo. Non tanto per le parole in sé, ma solo perché “ha fornito ingenuamente un pretesto a chi non cercava altro” e perché, in fondo, ha fatto “malintèndere un intero articolo”. Il punto tuttavia è un altro: come sostenemmo per il caso Ciro Grillo, su cronache come queste la migliore delle scelte sarebbe sospendere il giudizio finché la verità non viene accertata. Grillo e La Russa jr sono innocenti fino a prova contraria. Punto. La cosa migliore sarebbe stata permettere alla denuncia contro Leonardo Apache di fare il proprio corso, di essere vagliata da chi di dovere, senza spiattellarla sui giornali così da farla diventare motivo di scontro politico.

Giuseppe De Lorenzo, 10 luglio 2023