Caso Morisi, le 5 contraddizioni dei giornali

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di Matteo Milanesi

La vicenda di Luca Morisi, ex numero uno della comunicazione di Matteo Salvini, indagato per cessione e detenzione di droga, riaccende i riflettori in casa Lega. Dopo il racconto delle tensioni tra il leader del Carroccio ed il ministro Giorgetti – che la stampa mainstream sta cercando di trasformare nel nuovo Fini – la vicenda Morisi pare essere la tempesta perfetta per delegittimare politicamente Salvini, a pochi giorni dalle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre. Nonostante i racconti dei giornali, così gioiosi nel crocifiggere Morisi, è doveroso elencare almeno cinque contraddizioni dei mal definiti “giornaloni”.

Primo. I quotidiani che oggi criminalizzano l’ex responsabile della comunicazione del leader del Carroccio sono gli stessi che, fino a pochi giorni fa, sostenevano a gran voce il referendum per la legalizzazione delle droghe. Il cortocircuito è chiaro: l’uso di sostanze stupefacenti va bene per tutti, ma non per chi è di destra?

Secondo. Mentre La Repubblica titolava in prima pagina “Morisi, droga dello stupro” all’indomani della notizia, la difesa specificava che “il flacone con il liquido (sul cui contenuto l’Autorità giudiziaria sta compiendo i necessari accertamenti) non era di Luca Morisi, il quale evidentemente non può averlo ceduto a terzi.” Ciò vuol dire che l’ex responsabile della comunicazione risponderebbe solo di detenzione di droga che, nelle modiche quantità ritrovate nella casa, non costituirebbe reato, ma un semplice illecito amministrativo.

Terzo. La narrazione secondo cui Morisi avrebbe creato un clima d’odio con la nascita della “Bestia” è assolutamente falsa: è la sinistra che pratica la demonizzazione e la “fascistizzazione” dell’avversario da decenni. Come ha spiegato lucidamente Daniele Capezzone in un pezzo per La Verità: “Non esiste mai un avversario di destra civile, accettabile: esiste solo un pericolo per la democrazia.” Così è stato nei confronti di Donald Trump – gli elettori repubblicani furono definiti “deplorables” da Hilary Clinton – e così è stato per lo stesso Salvini, più volte tacciato da sinistra di essere “razzista” e “seminatore d’odio”.

Quarto. La denuncia del fatto risale al 14 agosto scorso. Perché la notizia è uscita soltanto un mese e mezzo dopo, in concomitanza delle elezioni amministrative? La stessa procuratrice che sta indagando ha espresso sorpresa “per tutto questo clamore. Nulla è stato detto da noi e dai Carabinieri. Per noi è un fatto antico”. Insomma, Salvini non ha torto quando parla di attacco gratuito al suo partito.

Quinto. Per i giornali giustizialisti, il principio di presunzione di innocenza non esiste. Secondo l’art. 27 Cost., l’imputato non è considerato colpevole fino a condanna definitiva. Eppure, sul caso Morisi, sembra si sia invertito il paradigma: criminalizzazioni, delegittimazioni politiche e mostrificazioni gratuite senza neanche la presenza di una condanna in primo grado.

Diciamocelo: il caso Morisi ha generato un notevole imbarazzo nelle sedi del Carroccio. Ma il comportamento moralista, giustizialista e contraddittorio della stampa mainstream non è da meno.

 

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