A febbraio di quest’anno, s’era tornati a parlare di privacy. In qualunque angolo del mondo, tranne in Europa, il fruitore di whatsapp ha dovuto acconsentire a queste modifiche, pena l’inutilizzo della piattaforma. In Europa, però, il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati in vigore dal 2016, vincola un po’ di più la libertà di movimento del colosso californiano. Ma fuori dell’Ue, Facebook ha carta bianca e alcun vincolo di utilizzo dei dati. A marzo 2021, la Corte Suprema degli Stati Uniti sbatteva la porta in faccia a Facebook e al suo tentativo di ricorrere in appello contro la decisione presa da un giudice californiano. La cosa gli potrebbe costare 15 miliardi di dollari: è la cifra chiesta con una class action che riunisce oltre 20 denunce contro la società di Zuckerberg per aver tracciato gli utenti, in particolare tra il 2010 e il 2011, senza consenso. Le informazioni sarebbero poi state vendute ad altre realtà intente a impiegarle per finalità di marketing e per l’erogazione di inserzioni pubblicitarie mirate, costituendo così una violazione del Wiretap Act, la legge sulle intercettazioni.
Nel 2018 un’inchiesta del New York Times ha rivelato come decine di app iOS e Android abbiano utilizzato in modo inappropriato i dati di localizzazione degli utenti vendendoli a terzi e consentendo di identificare le singole persone, di conoscerne le abitudini e mostrare loro pubblicità molto mirate.
LinkedIn ha utilizzato i dati di 18 milioni di non iscritti per realizzare annunci mirati su Facebook. E Google ha dovuto chiudere il suo social network Google+, dopo che erano stati messi a rischio oltre 52 milioni di profili. Resta misterioso, però, a fronte di tutto questo spionaggio, come sia possibile che sui social si riuniscano tranquillamente islamisti che fanno corsi artigianali su come costruire una bomba e organizzare attentati, ma non vengano mai intercettati. Così come per la piaga della pedofilia: in Europa leggi pavide non rafforzano le difese contro questo tipo di abuso. E qualcuno sostiene anche che c’entri il “principio di non discriminazione per orientamento sessuale”.
Lorenza Formicola, 6 agosto 2021