Caso Roccella, io c’ero: cinque cose che dovete sapere

Il ministro per la Famiglia contestato al Salone del Libro. Chi c’era e cosa ha visto in quei contestatori

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Ho avuto la ventura di assistere dal vivo alla vicenda che ha visto come protagonista Eugenia Roccella, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità del nostro governo. La quale era al Salone del libro di Torino per presentare il suo ultimo libro, un’autobiografia che ha pubblicato l’editore Rubbettino e che si intitola Una famiglia radicale. Eugenia è infatti figlia di Franco, uno dei padri fondatori del Partito che fu poi di Pannella.

La contestazione a Roccella

Radicale e attivista femminista ella stessa, ha poi negli anni maturato idee e posizioni politiche sempre più vicine alle nostre. Soprattutto sulla questione del cosiddetto “utero in affitto”, il ministro ha criticato ultimamente in più riprese quella che ha giustamente ritenuto una pratica che degrada la donna e mercifica il corpo umano. Come sapete alla Roccella è stato impedito di parlare, di presentare il suo libro. Appena ha preso in mano il micofono, è infatti partita una contestazione organizzata fatta di urla, fischi, slogan stupidotti, ostensione di cartelli con scritte altretttanto stupide, canzoni. Qualcuno si è sdraiato a terra. Sono intervenute le forze dell’ordine, ma il ministro le ha fermate ed ha voluto che ci fosse una libera discussione e un dialogo coi giovani. Una ragazza è salita allora sul palco e ha letto un comunicato confuso e inconcludente, senza che per questo le proteste terminassero. Dopo un’ora e passa, sfiancata, il ministro ha desistito e i ragazzi l’hanno salutata con il coro: “Ciao, Roccella ciao”.

Le impressioni che ho avuto

Prima si erano alternati gli slogan “Fuori la Roccella dal Salone” e “Fuori i fascisti dal Salone”. Su un cartello ho letto “Dio, Padre, famiglia… che vita di merda!”, che potrebbe anche essere una opinione legittima per quanto stupida (ma c’è anche un diritto alla stupidità!) ma non per questo deve portare ad impedire che altri esprimano di opinioni le proprie. Queste, comunque, in sintesi le impressioni che ho avuto.

  1. I veri fascisti erano sicuramente i contestatori, perché volevano impedire di parlare ad una persona e lo hanno fatto in modo aggressivo e violento. Se non è questo il fascismo, cosa altro lo è?
  2. Ho però pure davanti agli occhi i volti dei contestatori: erano per lo più giovanissimi, forse addirittura liceali, con il viso imberbe. Sembrava quasi che alla violenza delle loro parole e del loro comportamento non corrispondesse una adeguata fisiognomica o postura. Erano aizzati, mi è sembrato, da tre o quattro signore di una certà età, del genere “professoresse molto ‘de sinistra” del genere indignato, che urlavano anche loro.. Che fossero vittime tutti dell’ignoranza più crassa mi è sembrato indubbio. In ogni caso se stiamo formando dei giovani così – stupidi, ignoranti e intolleranti – c’è da mettersi la mano nei capelli!
  3. L’adesione acritica ai miti del nostro tempo mi ha fatto pensare che, oltre che fascisti in erba, questi ragazzi credono di essere anticonformisti e antisistema ma ne sono le pedine più inconsapevoli e funzionali. Non è forse il “sistema”, per dirla con Marcello Foa, l’ex Presidente della Rai, che ha distrutto la famiglia e promosso l’ideologia omologante del gender e tutta la woke culture?
  4. Faceva un certo effetto vedere sul palco, forse più stupito che arrabbiato, l’editore Florindo Rubbettino, una vita in nome del liberalismo. Che ne sanno della sua battaglia questi ragazzi? Ed è mai possibile che un editore che ha fatto della libertà il suo credo debba constatarne così clamorosamente la inefficacia?
  5. Ho trovato poi scandaloso l’intervento del direttore Nicola Lagioia, che quasi strizzava l’occhio ai ragazzi. Lagioia non ha voluto gestire la situazione e, fatto un discorso di circostanza, è andato via senza salutare. Non credo che, giunto al suo ultimo mandato, sia da rimpiangere!

Corrado Ocone, 21 maggio 2023

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