Lei, Marie Therese Mukamitsindo, ha ammesso di non aver pagato i dipendenti ed è indagata dalla procura di Latina che vuole vederci chiaro su possibili malversazioni, truffa aggravata e false fatturazioni. Lui, Aboubakar Soumahoro, si è autosospeso dal partito dopo le polemiche sul “non poteva non sapere” di quanto accadeva nelle coop riconducibili alla famiglia, sul “diritto all’eleganza” della moglie, sulle ombre della Lega Braccianti denunciate da Caritas ed ex colleghi. Loro, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, sono imbestialiti, ritengono le spiegazioni forniti dal deputato con gli stivali non sufficienti a diradare la nebbia. Quegli altri ancora, i dirigenti di Sinistra Italiana, sono pronti a mettere sulla graticola il loro segretario, accusato di essere stato informato delle magagne ben prima di sceglierlo come candidato. I due dell’Ave Maria, Marco Damilano e Diego Bianchi in arte Zoro, che s’arrampicano sugli specchi per non dire che il volto da talk show in fondo l’hanno creato loro. E poi, il Pd, che fa?
Gli intrecci tra Pd e Karibu
Zitti e mosca. Il Partito Democratico cerca di far finta di nulla. Tace. Si nasconde, come a voler lasciare sulle spalle degli alleati Verdi e di Sinistra Italiana tutto il fango di questa storiaccia. Già. Peccato che nel collegio uninominale in cui Soumahoro è stato candidato, cioè a Modena, Aboubakar corresse sotto le insegne del Pd e della sua lista elettorale progressista. Ma non solo. Secondo quanto riporta il Tempo, sarebbero diversi anche gli intrecci tra le coop Karibu e Consorzio Aid con la politica locale di centrosinistra. Prendiamo il caso del Comune di Sezze da cui, scrive il quotidiano romano, la Karibu ha ottenuto diversi affidamenti per i servizi di accoglienza. Tra i consulenti della Mukamitsindo figura un commercialista, Sergio Di Raimo, che tra gli altri impegni politici è stato anche sindaco di Sezze dal 2017 sostenuto proprio dal Pd.
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Non solo. Secondo quanto scrive il Giornale, “già nel 2018 balzarono alle cronache le denunce del capogruppo regionale della Lega, Angelo Tripodi, che dava eco alle domande sollevate dall’esponente del suo partito a Roccagorga, Andrea Orsini. La Lega aveva infatti ‘scoperto’ che l’assessore ai Servizi sociali del comune di Roccagorga, esponente del Partito democratico, era anche dipendente della coop Karibù. Si tratta di Tommaso Ciarmatore che si è sempre difeso sostenendo che sì lavorava per Karibù, ma in un’altra sede”.
La suocera ammette: “Lavoratori non pagati”
Intanto Marie Terese Mukamitsindo, presidente della Karibu, ieri ha dovuto sostenere le sue ragioni di fronte all’ispettorato del lavoro. Una visita che si è risolta con una ammissione su tutta la linea, secondo quanto riporta l’Ansa: “È vero – ha detto la suocera di Soumahoro – non le abbiamo pagato gli stipendi per due anni”. Una delle sue lavoratrici, assistita dal sindacato Uiltucs, riceverà circa 20mila euro di relativi stipendi, tredicesime e tfr non versati negli ultimi anni. In ballo restano altri due lavorati, che avanzano simili pretese per ora senza riuscire a trovare un accordo. Sullo sfondo, infine, ci sono ben 26 lavoratori che hanno presentato nel tempo denunce simili e la cifra totale si aggira attorno ai 400mila euro.
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L’indagine della procura
Ed è forse questo lo “scandalo” maggiore per Soumahoro, più del faldone che la procura laziale sta predisponendo sull’argomento e che, fino a conclusione del processo, resta una indagine e lascia il tempo che trova. Come detto, si indaga su presunte false fatturazioni, ma anche su possibili anomalie nel pagamento di contributi e imposte così come sull’ipotesi di truffa aggravata e malversazioni in erogazioni pubbliche. I bilanci della Karibu e del Consorzio Aid sono ormai al vaglio della Guardia di Finanza, che verificherà anche se vi possano essere debiti con il Fisco. In tanti anni di attività, tra progetti Cas, Sprar e accoglienza varia, si parla di qualcosa come oltre 60 milioni di euro arrivati nelle casse delle cooperative. Dove sono finiti? Come è possibile che non si sia riusciti a pagare i lavoratori? Sono domande che i pm si stanno facendo e che, per il momento, restano semplici ipotesi. Dunque nessuna condanna, né giudiziaria né mediatica.
Il punto, semmai, è capire se e come sia possibile che il simbolo dei braccianti, il sindacalista che si spendeva per gli ultimi, abbia lottato per tanti lavoratori in giro per l’Italia senza accorgersi che i dipendenti di una cooperativa a lui così vicina (Karibu e Lega Braccianti avevano la stessa sede) non venivano pagati da anni. Strano, no?