Giustizia

Caso Toti, annamo bene: errore di trascrizione nei verbali?

Clamoroso: nel documento Roberto Spinelli parlerebbe di “finanziamenti illeciti”, ma lui smentisce: “Ho detto leciti”

Toti Liguria © Nejron tramite Canva.com

“Leciti” o “illeciti”? S’è sbagliato a spiegare Roberto Spinelli o i pm che indagano su Giovanni Toti hanno preso fischi per fiaschi? L’inchiesta sulla presunta tangentopoli ligure, che tutto appare tranne che un viavai di mazzette, era entrata in una fase di stanca. Le 9mila pagine del fascicolo del pm e le 600 del dispositivo che ha portato il governatore ligure ai domiciliari non stavano più regalando grandi spunti ai giornali. E così, tra una colazione a Montecarlo spacciata per grande corruttela e spiagge da privatizzare che private non lo sono mai diventate, a ravvivare la cronaca giudiziaria ci pensano i verbali degli interrogatori.

Tutto ruota attorno alle deposizioni del figlio di Aldo Spinelli, l’uomo forte del porto di Genova accusato di aver finanziato (con bonifici tracciati) la fondazione di Toti per non ricevere in cambio quasi nulla. Roberto, oltre a spiegare ai pm che il padre era quasi ingestibile tanto da pensare ad un amministratore di sostegno, quasi alla fine del verbale avrebbe detto che Toti “voleva finanziamenti illeciti”. O almeno così sta scritto. Il problema è che ieri sera, come riportano sia il Corriere che Repubblica, gli avvocati spediscono una lettera al Gip via Pec per “contestare decisamente” la trascrizione ufficiale del verbale sostenendo di aver detto “con assoluta certezza” che Toti avrebbe chiesto “finanziamenti leciti“.

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Ovviamente quella sillaba in più cambia tutto, anche se – lo ricordiamo – le deposizioni di indagati e testimoni non sono Vangelo e ogni parola va poi provata in dibattimento. Questo “mistero” basta però a creare la confusione necessaria ai giornali per buttare un altro po’ di carbone nella fornace del gossip giudiziario.

Nel testo, riporta il Corriere, si legge: “Perché faceva queste sceneggiate, voleva denaro?”, chiede il pm Luca Monteverde. “Perché voleva finanziamenti illeciti“, la risposta nel verbale trascritto. Quando gli avvocati ricevono il file, però, saltano sulla sedia e lo fanno sapere al Gip tramite il legale Andrea Vernazza. “Nego di aver utilizzato l’aggettivo ‘illeciti’ e ritengo, come ho fatto, di aver detto ‘LECITI'”. E ancora, dice l’avvocato: “Giuridicamente vale il verbale manoscritto in cui la parola “illeciti” non c’era. Per me il caso è chiuso”. Infatti, fa sapere il Corriere, anche se Repubblica fa finta di nulla, “la frase incriminata non c’è nel verbale stilato dal cancelliere”.

Ora la domanda è questa: possibile che in un’inchiesta così importante, sotto i riflettori dei media, si possa arrivare ad una situazione così imbarazzante? Tecnicamente, sì. La storia giudiziaria italiana è piena di errori, ma anche di trascrizioni di nastri d’intercettazione in cui chi ascolta capisce male. Famoso il caso di Di Pietro e Francesco Pacini Battaglia e il dubbio sulla parola “sbiancato” o “sbancato”. Il povero Angelo Massaro, per dire, si è fatto 21 anni di carcere per colpa di una consonante trascritta male: in dialetto lui parlava di “muers” (una grossa pala che stava trasportando) e non di “muert” (un tizio che, secondo la procura, avrebbe ucciso per poi occultarne il cadavere). Per non parlare di verbali fatti circolare al Csm con modalità carbonare, accessi abusivi alle banche dati della procura nazionale antimafia, il Caso Striano e tutto il resto.

E non solo da noi: in Portogallo, pochi mesi fa, il governo è caduto ma i giudici avevano sbagliato a trascrivere il nome dell’indagato in un’inchiesta su presunta corruzione. Il ministro dell’Economia è stato infilato nel fascicolo, ma gli intercettati non si riferivano al primo ministro ma al ministro dell’Economia.

Franco Lodige, 18 maggio 2024

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