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Cassese, il grillo parlante che piace ai giornaloni

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In Italia abbiamo un sinedrio di onesti e probi viri che, sui giornali, nei dibattitti televisivi, nelle aule universitarie non fanno mai mancare i loro moniti a quel paese rozzo, ignorante, familista amorale che siamo diventati. La Presidenza dell’alto consesso potrebbe essere tranquillamente proposta a Sabino Cassese, giurista e accademico italiano, giudice emerito della Corte costituzionale che un giorno sì e l’altro pure, sulle colonne del Foglio, del Corriere della Sera, del Sole-24 Ore (per non parlare delle numerose interviste concesse a dritta e a manca) «giudica e manda secondo ch’avvinghia».

La funzione del grillo parlante è sempre stata molesta ma in questo caso, siamo onesti, non può certo dirsi che esponga alla persecuzione da parte di un potere politico tirannico né alla gogna mediatica che i vari Maurizio Crozza riservano alla classe politica (soprattutto di zona Berlusconi e dintorni). Qual è il motivo che tiene Cassese al riparo da una “cattiva stampa”? È molto semplice. In un Paese in cui anche le integerrime coscienze sono inaffidabili, i moralisti di regime hanno trovato un modo per rendere innocuo il loro lavoro: l’indignacion a corrente alternata, che, prudentemente, si dà dei limiti: non siamo il paese della moderazione, dell’adelante Pedro con juicio?

Nel recente articolo L’alleanza divisa e confusa (Corriere della Sera del primo marzo u.s.), tanto per citarne uno, Cassese giustamente pone in luce i contrasti che dividono la maggioranza, l’incompetenza dei ministri, la mancanza di una linea di governo. «La nostra storia repubblicana, scrive, ci aveva abituato a governi deboli e a governi transeunti non a governi – come quello in carica – inesistenti». In realtà, continuando la lettura, si viene a scoprire che i gialloverdi mettono le mani su tutto, dalla Banca d’Italia alle Ferrovie dello Stato, dall’Anas all’Anpal: tante nomine a man bassa che fanno pensare a un governo fin troppo esistente, anche se non rispettoso delle regole dello Stato di diritto e privo del senso dello Stato.

Potremmo anche associarci alla denuncia ma dove stavano i Cassese quando altri partiti e altri governi facevano più o meno le stesse cose? Quando l’altro ieri i sindacati interni rifiutarono, alla guida del Corriere della Sera, quello che sarebbe stato un direttore non indegno di Luigi Albertini, ovvero Alberto Ronchey, non ricordo che Cassese abbia fatto sentire la sua vibrata protesta. Quando ieri il suo amico Giuliano Amato inserì (senza vergogna e solo per avere i voti della Lega) il Titolo V nella Costituzione – che poneva la Repubblica sullo stesso piano di Comuni e Regioni – non ricordo di aver sentito l’indignazione del sacerdote del Rechtsstaat. Quando oggi Piero Sansonetti (antileghista di lungo corso) scrive che chiedere l’autorizzazione a procedere contro il ministro Salvini significa attentare alla divisione dei poteri che sta a fondamento della democrazia dei moderni, non ricordo che abbia condiviso la posizione distaccata ed equilibrata del suo collega Carlo Nordio. E quanto all’incompetenza, è meglio stendere un velo pietoso sul fatto che nessun membro del Sinedrio, e tanto meno Cassese, si sia scandalizzato nel vedere la sindacalista Valeria Fedeli alla guida di quel Ministero della Pubblica Istruzione che conobbe uomini della statura intellettuale e morale di Benedetto Croce, di Giovanni Gentile, di Guido Gonella. La lottizzazione sembra un vulnus intollerabile solo se è fatta dagli altri.

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