Io non voglio non voglio non voglio occuparmi di Bergoglio ma “lo debbo pur fare”, come il viaggiatore Cerimonioso di Giorgio Caproni, perché il nostro papa Francesco Baracca fa di quelle cose, ma di quelle cose.
Adesso mette, per sommo insulto postumo, al posto di Ratzinger un cardinal pornografo autore di un volumone che sembra uscito dalla verga di Rocco Siffredi, con una nota critica dell’imam di Segrate, quello del manuale su come si picchiano le donne: una roba allucinante sull’Islam che fa la guerrasanta nelle vagine, ma detto in modo ammirato. Oppure spara fuori qualche enciclica ecologica dall’autorevolezza incrociata fra Bonelli e Mercalli, roba da Greta scansate proprio. Adesso poi se ne esce con una benedizione surreale, anzi patafisica, pubblicato su tanto di sito ufficiale, del Vaticano: una roba da ottomani, nel senso dei turchi, ma anche di otto mani: fra miss Universo e Piercamillo Davigo, Chiara Valerio e Chiara Ferragni, con una nota critica del nostromo Casarini, pover’omo. Difficile emettere un simile compedio di ovvietà, banalità, faziosità, inshallah: tutto un attacco al capitalismo, anche se il nostro Babuef in tonaca double face, candida fuori, rossofuoco dentro, apparentemente si limita, ai fa per dire, a benedire il “dialogo tra socialisti/marxisti e cristiani” alla delegazione di un Gruppo Dialop (transversal dialog project): roba fresca, croccante, l’ulltima volta sortì le Brigate Rosse, per dire, fu il cattocomunismo dei Curcio e Cagol, di quasi tutto il gruppo dirigente terroristico che proveniva da quell’approccio: amen.
Con perle da torneo di bellezza, del tipo “non perdere la capacità di sognare!”, punto esclamativo, ed è subito Elodie. O Fabio Fazio, ormai ci sono due certezze nella vita, Ama & Ciuri a Sanremo e papa Fidel a Che tempo che fa. Un intervento che mette inquietudine, più che altro fa paura per quanto è scritto male, come diceva Colon Firth apprendista romanziere in “Love Actually”. Possiamo dirlo? Ma sì, diciamolo: nella paginetta insidiosa, così densa di cazzate com’è, spiccano richiami da centro sociale quali “aprirsi all’altro”, “la legalità”, “il coraggio di rompere gli schemi”, e forse non solo quelli. Gli scemi, se mai, quelli che ci cascano. Perché è difficile, praticamente impossibile obiettare qualcosa alla finta ingenuità di chi si maschera da sprovveduto, mentre, come dice uno che al nostro Jorge Maria sta pesantemente sui santissimi, ma nel suo apocalittismo reazionario tutti i torti non ce li ha, il cardinal Robert Sarah, “col demonio non discute”.
Ecco, Francesco è da molti dato in quota demonio, per dire che è un papa agenda, uno funzionale al processo di decadimento avanzato e accelerato dell’Occidente cristiano. A uno verrebbe voglia di dire: senti Bergoglio, perché non ti leggi i due brevi ma formidabili pamphlet di Giulio Meotti e Carlo Lottieri, rispettivamente “Gender” e “La proprietà sotto attacco”, così magari scopri qualcosa? Ma sarebbe fatica vana, non sa che farsene, non lo capisce, lo legge al contrario, Bergoglio ha le sue idee, ideologiche, saccenti, ginnasiali: si scaglia contro il capitalismo ed è chiaro che non lo mastica se non nella vulgata demonizzante del populismo latinoamericano, che resta statalista usque ad inferos, lo butta nel calderone della finanza corsara, del profitto infame e criminale di oggi, delle influencer al vapore, del neoliberismo che col capitalismo “delle cose” c’entra come un virologo con la scienza, ed è inutile avventurarsi in una discussione perdente in partenza; nella sua bocca, individuo è confuso con individualismo, la peste sociale, la metastasi sociale; l’autorevolezza è la stessa del Fedez che scambia governo con Parlamento, e non c’è barba di Vangelo che a Bergoglio gli metta in testa che la religione di Cristo era individualismo che si faceva società e socialità: perché individualismo è libertà, libertà è responsabilità, responsabilità è coscienza, coscienza è fede. Mentre il collettivismo, diceva Giovannino Guareschi, è la religione dei vigliacchi e degli inetti, è “umiliazione dei migliori ed esaltazione dei peggiori. Il collettivismo è per i vili che vogliono sottrarsi alla responsabilità individuale per rifugiarsi nell’ombra della irresponsabilità collettiva”.
Ha ragione di incazzarsi il nostro Bergul’janov quando gli danno del comunista: lui è molto più in là, risale fino al sistema cambogiano, alla Repubblica di Platone, la Comune di Parigi, il kibbutz israeliano, il suo figlio naturale Casarini garantisce sino al Sinodo: Jorge Maria sta alla destra dei neri, intesi come migranti, e su questo nulla osta, però disgraziatamente sta pure alla sinistra di Negri, e questo è un guaio, per il clero e per la Chiesa di Cristo, sempre più confusa, sconcertata, derelitta dai fedeli che non capiscono, perché non c’è niente da capire, perché tutto è fin troppo chiaro, come in pochi anni siano finiti dalle raffinate elucubrazioni di Ratzinger a uno che riciccia il cattocomunismo terroristico, se cerca fra gli abominii delle grandi dittature, trova solo il nazismo (il comunismo no, il comunismo era il Bimbo Mistico di Lou Reed), si lancia in passaggi arditi come il seguente: “Non perdiamo di vista ciò che ancora si può fare per invertire la rotta. Contro gli approcci rigidi che separano, coltiviamo con cuore aperto il confronto e l’ascolto, non escludendo nessuno, a livello politico, sociale e religioso, perché il contributo di ciascuno possa, nella sua concreta peculiarità, essere accolto positivamente nei processi di cambiamento cui è legato il nostro futuro”. Ama & Ciuri, chiamatelo subito: non pare la letterina che Chiara Ferragni leggeva a se stessa, rispondendosi purtroppo?.
Max Del Papa, 10 gennaio 2023
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).