Contrariamente a quanto ci dicono gli storici, dobbiamo provocatoriamente prendere atto del fatto che la storia spesso si ripete, e, in certi casi, in modo sorprendentemente identico. Ciclicamente, di fronte all’incremento dei prezzi e del sorgere delle conseguenti tensioni sul potere d’acquisto reale, arrivano puntuali le tentazioni, di governanti e burocrati, di procedere con provvedimenti che impongano prezzi di stato, salari minimi e tetti di stipendi massimi.
Prezzi di Stato e salari minimi
Invece di impegnarsi a capire cosa e come fare per avere più concorrenza, interagendo anche con gli operatori economici in modo da farla funzionare meglio, il riflesso condizionato è quello di chiedere che “intervenga lo stato”, che, come noto da qualche secolo, ogni volta che interviene in questi campi determina distorsioni per cui il rimedio si dimostra peggiore del male.
Scriveva Sergio Ricossa già nel 1982: “Il ministro del Tesoro Andreatta sa però come bloccare l’inflazione: propone un blocco semestrale o annuale dei prezzi e dei salari. Ripropone l’editto di Diocleziano, insultando 1600 anni di progresso della scienza economica. Diocleziano si ritirò a vita privata, speriamo che Andreatta imiti l’imperatore anche in questo, o almeno si sposti dal Tesoro al ministero dello Spettacolo (tragicomico). (Come si manda in rovina un paese – Rizzoli, 1995).
L’inflazione e Diocleziano
Ad ogni nuova generazione di governanti statalisti di sinistra e/o di destra, che si trovino a fronteggiare questioni di prezzi e potere di acquisto reale di salari e stipendi, puntali rispuntano uno o più “nuovi” editti di Diocleziano, e il ciclo riparte in attesa che “l’imperatore di turno” si ritiri a vita privata.
“Il brutto è che i governanti non pretendono soltanto di realizzare una “politica dei prezzi” in accordo col “bene comune”. Ambiscono pure alla “politica dei redditi”, che significa stabilire quale debba essere la nostra “giusta” paga di lavoratori […] Sono lieto che il giovane Mario Monti, sul “Corriere”, richiami al buon senso: – Nemmeno il più illuminato dei governi può razionalmente dire quale debba essere la dinamica reale delle retribuzioni, non potendo prevedere abbastanza bene né l’andamento della produttività, né quello delle ragioni di scambio – “ [Ibid]
Cosa dovrebbero fare i governi
I governi si diano da fare per creare le condizioni per cui i mercati diventino più concorrenziali, vigilando affinché non ci siano distorsioni e illeciti, interagendo con gli operatori economici in modo che loro stessi siano i primi interessati a sviluppare concorrenza leale e non cartelli disonesti.
Se, ad esempio, ci sono aumenti nei prezzi dei voli, si creino le condizioni perché possano entrare nuove compagnie su quelle tratte, prima di far scappare le poche che già ci operano. Lasciando finalmente riposare in pace il buon Diocleziano.
Fabrizio Bonali, 19 agosto 2023
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