Fra poco più di due settimane, il 16 giugno, gli italiani dovranno pagare circa 11 miliardi di euro di Imu (i restanti 11 saranno da versare in dicembre). L’Imu – come noto (anche se molti lo dimenticano o fingono di dimenticarlo) – è un’imposta patrimoniale, e come tale ha due soli modi per essere pagata: con i redditi provenienti dal bene colpito – è il caso degli immobili dati in locazione – o con redditi di altra natura, generalmente quelli da lavoro.
In un periodo di eccezionale crisi come questo, però, entrambe le fonti di entrata sono a rischio. Gli affitti, specie quelli dei locali commerciali (negozi, ristoranti ecc.) in molti casi non vengono pagati. Quanto ai redditi di lavoro, quelli sono venuti spesso a mancare o ad essere fortemente ridotti.
A segnalare il problema è stata persino la Cgil. “Grande attenzione è stata posta in questi giorni sulla scadenza della prima rata Imu”, si legge nella memoria depositata in Parlamento in occasione dell’audizione sul decreto rilancio (anche se sulla “grande attenzione” avremmo i nostri dubbi). “La data del 16 giugno non è stata modificata né prorogata. Questo potrebbe creare problemi nei pagamenti ad alcuni contribuenti particolarmente colpiti dalla crisi”.
Insomma, anche il maggiore sindacato dei lavoratori sta verificando – sulla base dell’esperienza dei suoi iscritti, presumiamo – che l’Imu non è la tassa sui ricchi di cui si favoleggia da parte di ignoranti (“in materia fiscale!”, precisava Totò nell’irrinunciabile “I tartassati”, quando il suo commercialista lo definiva tale) e mentitori. È un’imposta che colpisce famiglie “normali” e che, proprio per questo, in una fase difficile come quella che stiamo vivendo manifesta in modo ancora più eclatante la sua onerosità e la sua iniquità.
Il Governo, però, non pare essere sensibile al tema. Il decreto rilancio – che contiene misure quasi tutte orientate, a dispetto del titolo, a fornire sostegno a categorie e soggetti in ambasce, sull’Imu ha optato per la decisione più antica del mondo, quella di lavarsene le mani. Ha rimesso ai Comuni la scelta su eventuali differimenti del termine del 16 giugno e men che meno, naturalmente, si è mosso per una riduzione del carico (se si eccettua l’esenzione della prima rata per una limitatissima categoria di operatori del turismo).
Che dire? Siamo alle solite. Un problema che andrebbe affrontato alla radice – quello di una tassazione patrimoniale sugli immobili esorbitante (nel 2020 l’Imu pensata da Monti supererà i 200 miliardi di euro) – non viene considerato neppure nel momento più grave che le famiglie abbiano dovuto affrontare da molti decenni a questa parte.
Il Governo ha ancora tempo per intervenire (visto che dai Comuni è illusorio aspettarsi qualcosa). Se non lo farà, però, ci conceda almeno questo: quando saranno note le cifre degli incassi della rata Imu del 16 giugno, non utilizzi il termine “evasione” per descrivere la quota mancante. Non è evasione il mancato pagamento di un’imposta da parte di chi non ha le risorse per farlo.
Giorgio Spaziani Testa, 1° giugno 2020