Cronaca

Cecilia Sala in Iran, dove siete care femministe?

La giornalista rinchiusa in cella senza capi di accusa. Il governo lavora per riportarla a casa. Tutti condannano l’arresto, ma le paladine del MeToo…

© MarcoGovel e Зображення користувача Lesia Sementsova tramite Canva.com

Dallo scorso 19 dicembre la giornalista del Foglio Cecilia Sala si trova rinchiusa in una cella nella prigione di Evin, carcere simbolo della repressione politica del regime di Teheran dove vengono detenuti dissidenti iraniani e cittadini stranieri considerati ostili dagli ayatollah.

I motivi della cattura della giornalista italiana restano ancora riservati, sebbene nelle ultime ore siano iniziate a circolare voci (ancora da verificare) relative a una possibile rappresaglia dei Pasdaran compiuta per vendicare l’arresto di un iraniano legato ai Guardiani della rivoluzione avvenuto all’aeroporto di Malpensa lo scorso 16 dicembre.

Di certo, Cecilia Sala, che nei suoi podcast non ha mai fatto sconti al regime iraniano condannandone fermamente i crimini e i ripetuti attacchi alla libertà di stampa, paga a caro prezzo il suo coraggio, la sua professionalità e l’innata passione per il suo mestiere. In uno degli ultimi podcast realizzati da Teheran, la giornalista aveva spiegato come il crollo del regime di Assad sortirà per l’Iran i medesimi effetti che il crollo del Muro di Berlino ebbe a suo tempo per l’Unione Sovietica. Una ricostruzione evidentemente sgradita agli ayatollah, che a quel punto devono aver pensato bene che fosse più conveniente tappare la bocca alla Sala.

Cecilia al momento è in buona salute, come riferisce il ministro degli Esteri Antonio Tajani, è detenuta in una cella da sola, ha già avuto modo di parlare un paio di volte con i propri familiari e ha ricevuto la visita dell’ambasciatrice italiana a Teheran Paola Amadei. Gli sforzi diplomatici per riportarla a casa si stanno moltiplicando, e attualmente sono in corso delle trattative tra la Farnesina e il governo degli ayatollah per ottenerne presto il rilascio.

Nel frattempo, nel Belpaese si è sollevato un coro unanime di condanna contro l’intolleranza dei Pasdaran iraniani, responsabili dell’incarcerazione della giovane 29enne.

Nel citato coro non si è tuttavia ancora udita la voce dei tanti movimenti femministi sempre pronti a scagliarsi contro il Governo Meloni e a condannare la deriva patriarcale della società italica. Ma in questo caso no, le femministe non proferiscono parola. Una giovane donna italiana viene rinchiusa in un carcere iraniano senza che si conoscano neppure i capi di accusa o le ragioni dell’arresto, ma le paladine dei diritti delle donne non riescono neppure a pronunciare la parola Iran o a disapprovare la condotta dei Pasdaran. Urlano a gran voce allo scandalo puntando il dito contro le politiche a loro dire patriarcali di Roma, ma non hanno il coraggio di condannare Teheran. Non una parola, né un gesto di solidarietà per Cecilia. E allora, un dubbio sorge spontaneo: dove siete finite, care femministe?

Salvatore Di Bartolo, 29 dicembre 2024

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