Esteri

Cecilia Sala, le due possibili accuse che fanno paura

Prosegue il dialogo diplomatico con l’Iran: attenzione agli sviluppi del caso che coinvolge l’ingegnere dei droni arrestato a Malpensa

cecilia sala © Giona Mason e Wavebreakmedia tramite Canva.com

Ha violato le leggi islamiche: così il governo iraniano ha giustificato l’arresto della giornalista Cecilia Sala, rinchiusa da dodici giorni nel carcere di Evin. Pur senza scendere nei particolari, Teheran ha spiegato che la reporter “si è recata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico ed è stata arrestata il 19 dicembre per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran”. Al momento il suo caso è sotto inchiesto, l’Iran ha tenuto a precisare che il fermo “è stato eseguito secondo la normativa vigente ed è stata informata l’ambasciata italiana a Teheran”. Inoltre alla Sala “è stato garantito l’accesso consolare durante questo periodo e la signora è stata in contatto telefonico con la sua famiglia”.

Ma attenzione a sottovalutare la situazione. Solitamente quando un regime come quello iraniano parla così, bisogna tenere presenti almeno due possibili accuse: quella di essere una spia per un Paese straniero o quella di essere collaborazionista con Israele. Due addebiti piuttosto pesanti, che rappresenterebbero un grosso guaio per la Sala. Il ministero degli Esteri di Teheran ha consegnato all’ambasciatrice Paola Amadei una lista di avvocati iraniani tra i quali scegliere il difensore della giornalista del Foglio.

Il dialogo con Teheran prosegue e bisogna tener conto che quella che si sta giocando è una doppia partita giudiziaria. La prima riguarda ovviamente Cecilia Sala, mentre la seconda chiama in causa l’ingegnere dei droni Mohammad Abedini-Najafabani, arrestato a Malpensa e detenuto nel carcere di Opera in attesa della decisione sull’estradizione richiesta dagli Stati Uniti. Il 38enne è accusato da Washington di “cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Usa all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni e di avere fornito supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, considerate dagli Usa un’organizzazione terroristica, ritenuta responsabile della morte di tre militari statunitensi uccisi da un attacco con un drone su una base in Giordania”.

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Non è un caso che le motivazioni fornite da Teheran sull’arresto di Cecilia Sala puntino a smarcarsi dalle ricostruzioni secondo cui il fermo della giornalista italiana sarebbe stato una sorta di ritorsione. Ieri l’avvocato di Abedini ha depositato l’istanza per la concessione degli arresti domiciliari al suo assistito attualmente detenuto nel carcere di Opera a Milano. L’eventuale concessione di una misura detentiva più blanda sarebbe certamente letta come un segnale di apertura nei confronti dell’Iran, pronto a tutto per salvaguardare l’esperto di droni e sistemi militari. Una specie di moneta di scambio, che in sede di trattativa potrebbe fare la differenza.

La Corte d’Appello di Milano ha trasmesso alla Procura Generale l’istanza di richiesta di arresti domiciliari: a quanto apprende l’AGI, la decisione della procuratrice generale Francesca Nanni, che sta studiando il caso, non arriverà oggi ma è attesa nei prossimi giorni. Nell’istanza, il legale insiste sul fatto che non c’è il pericolo che il suo assistito fugga dall’Italia se dovessero essergli dati i domiciliari in un appartamento di Milano da lui indicato. Inoltre, dall’istanza emerge che a farsi garante della certezza che Abedini non fuggirà è stata la rappresentanza diplomatica di Teheran. Un elemento che, nelle intendizioni della difesa, dovrebbe tranquillizzare i giudici scottati dal precedente del russo Artem Uss, di cui sempre gli Usa chiedevano l’estradizione, che evase dai domiciliari.

Come evidenziato in precedenza, l’ipotesi ritorsione è tutt’altro che da scartare, nonostante i tentativi dell’Iran. Emblematico l’orario dell’arresto della Sala: le 12.30, un’ora dopo la conclusione dell’udienza davanti alla Corte d’appello di Milano in cui Abedini ha negato il consenso all’estradizione. In caso di assenza di accuse circostanziate, non è da escludere la strada che porta alla soluzione immediata del caso, con l’espulsione dal Paese. Una soluzione percorribile in tempi brevi, soprattutto in caso di buone notizie da Milano…

Franco Lodige, 31 dicembre 2024

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