È poco sensato anche il richiamo a culture politiche già minoritarie in Italia e, ormai, prive degli strumenti analitici adeguati a interpretare la contemporaneità. Sarebbe velleitario, insomma, credere che la rinascita del centrodestra passi per la costruzione di uno spazio liberale: può darsi che, nei fatti, l’elettorato gradisca una qualche iniezione di filosofia economica einaudiana. Quella sulla bandierina terminologica, però, rischia di essere una battaglia onanistica.
Altro discorso è il proposito di lavorare a un’alternativa pragmatica. Un programma che assuma che non solo l’Europa non imploderà, ma neppure cambierà. E che ci si dovrà muovere entro i confini esistenti, negoziando con la classe dirigente che nessuna ondata populista ha ancora travolto. Chiamatelo realismo, chiamatela furbizia, ma è su questo che il centrodestra si gioca il suo futuro. Ed è questa l’unica possibilità di liberarci dal minestrone grillopiddino, benedetto dal Quirinale.
Alessandro Rico, 26 settembre 2020