ChatGpt cambia il mondo: che idiozia bloccarlo coi burocrati

Il garante della privacy ha disposto la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani. I rischi dietro ChatGpt

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ChatGPT

Solo due giorni fa era il fondatore di Tesla ed il numero uno di Twitter, Elon Musk, a sollevare i rischi per l’umanità dietro lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Insieme agli esperti ed ai ricercatori di Deep Mind, un progetto di Google, gli informatori hanno chiesto di fermare per almeno sei mesi l’addestramento di tutte le IA più potenti di Gpt-4, il più avanzato sistema dell’azienda OpenAi.

“Negli ultimi mesi, i laboratori hanno cominciato una corsa fuori controllo per sviluppare e impiegare menti digitali sempre più potenti, che nessuno – nemmeno i loro creatori – è in grado di comprendere, prevedere o controllare in modo affidabile”, ha affermato Musk, che ha poi auspicato l’intervento dei governi nazionali, nel caso in cui lo stop di sei mesi non venisse “attuato rapidamente”.

Ebbene, in Italia è stato il garante della privacy a muoversi subito e per primo nel mondo. Finché non rispetterà la disciplina sulla privacy, il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società americana che ha creato e gestisce la piattaforma, che per prima ha sperimentato la potenza del pensiero “pseudoumano”. I motivi dietro questa scelta sono essenzialmente due.

Da una parte, ChatGpt si sarebbe resa protagonista di una fuga di dati e di una creazione di informazioni false, andando quindi a determinare un trattamento inesatto dei dati personali. Dall’altra, invece, si legge nel comunicato, sarebbe proprio “l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia dei dati personali” a fondare la decisione dell’autorità garante della privacy.  Rimane anche il nodo dell’età. Nonostante il servizio sia rivolto ai maggiori di 13 anni, l’Autorità ha evidenziato come l’assenza di qualsiasi filtro per garantire il rispetto dell’età minima esponga i minori a risposte “assolutamente non idonee rispetto al loro grado di sviluppo e di autoconsapevolezza”.

Per approfondire:

Il Garante aveva disposto alla società americana di applicare, entro il termine di 20 giorni, le misure intraprese per attuare le tutele di privacy richieste, pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4 per cento del fatturato globale annuo”. OpenAI è andata oltre. La prima ipotesi era quella di bloccare la registrazione di nuovi utenti in Italia per l’utilizzo di ChatGpt; ora, invece, il chatbot è diventato irraggiungibile dal nostro Paese salvo aggirarlo con la VPN.

Immediata, è stata la risposta del Ceo, Sam Altman, il quale ha scritto in un post sul suo profilo Twitter: “Noi naturalmente ci rimettiamo al governo italiano e interrompiamo l’attività in Italia (sebbene pensiamo di avere rispettato tutte le leggi sulla privacy)”. E ancora: “L’Italia è uno dei miei paesi preferiti e non vedo l’ora di visitarla di nuovo”. Da qui, è arrivata la decisione della società statunitense di OpenAI ha deciso di sospendere l’accesso al servizio ChatGpt in Italia.

“Lavoriamo attivamente per ridurre i dati personali nella formazione dei nostri sistemi di intelligenza artificiale come ChatGpt, perché vogliamo che la nostra intelligenza artificiale impari a conoscere il mondo, non i privati”, spiega OpenAI in una nota diffusa. “Riteniamo inoltre che la regolamentazione dell’Ai sia necessaria. Speriamo quindi di poter lavorare al più presto in stretto contatto con il Garante per spiegare come i nostri sistemi sono costruiti e utilizzati”.

Sin qui la cronaca. Fa però specie notare che in questo modo il Belpaese diventa l’unico Paese del mondo occidentale a finire in compagnia di Paesi come Cina, Russia, Iran e Corea del Nord dove l’uso di ChatGPT non è possibile (in questi casi per scelta della stessa OpenAI). Ha ragione il senatore Matteo Renzi quando scrive che l’idea delle istituzioni di bloccare lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale “è una barzelletta”. Il ragionamento è semplice: “Non si ferma l’innovazione per decreto”.

Certo il dibattito aperto da Elon Musk e soci è serio ed interessante. Non si conoscono le prospettive future di questo strumento, che qualcuno ha già iniziato a montare sopra un robot per poterci dialogare, e il cui sistema di apprendimento appare ancora oscuro ai più. Il problema non è solo la perdita di posti di lavoro che produrrà la sua introduzione nel mercato, refrain che tutto sommato si ripete ad ogni innovazione tecnologica. Quanto il fatto che OpenAi sia in grado di creare una realtà virtuale così simile al reale da apparire indistinguibile: basta guardare le foto di Donald Trump arrestato negli Usa. Immagini false eppure così veritiere.

Detto questo, reagire con la burocrazia all’Ai significa combattere con la lancia contro i mulini a vento. È inutile. E non solo perché basta collegarsi a una VPN per aggirare il divieto, come detto. Ma perché non sarà certo il Garante per la privacy italiano a fermare questa rivoluzione. Il processo occorre guidarlo, studiarlo, aprendo un dibattito serio su utilità e pericoli di un’intelligenza in grado già di scrivere tesi di laurea. I divieti non basteranno: le regoline da burocrati sono destinate a soccombere. Si aggirano con un clic.

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