Che botta per i talebani green: il “latte climatico” non se lo beve nessuno

L’arroganza dei fanatici del clima è stata distrutta dalle scelte dei consumatori: cosa ci insegna il caso Bovaer

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Latte di mucca Bovaer

Quando le élite globali decidono di dover “aggiustare” il mondo, i risultati parlano spesso da soli. Prendiamo l’ultimo disastro tecnocratico: Bovaer, un additivo per mangimi progettato per ridurre le emissioni di metano delle mucche, commercializzato come una soluzione “amica del clima”. Ora è stato accantonato dal produttore di latticini norvegese Q-Meieriene dopo che i consumatori hanno respinto categoricamente il cosiddetto “latte climatico”. Questa è più di una storia di rifiuto del mercato: è ciò che accade quando i governi spingono politiche e prodotti che manomettono la fornitura alimentare per affrontare una crisi climatica di cui non c’è alcuna evidenza.

Bovaer è stato pubblicizzato come un punto di svolta nella lotta contro le emissioni di metano, uno degli obiettivi delle politiche climatiche. Si dice che l’additivo sopprima un enzima chiave nel processo digestivo della mucca, riducendo le emissioni di metano fino al 30%. Ma perché stiamo prendendo di mira i peti delle mucche? Il metano è un gas serra, ma mucche e bisonti emettono metano da millenni senza innescare cambiamenti climatici con apocalittici aumenti (inesistenti) dei disastri naturali. Eppure, all’improvviso, le emissioni del bestiame vengono trattate come un’emergenza planetaria che richiede un’azione immediata. Questa miope attenzione al metano delle mucche è un ottimo esempio di come il fanatismo climatico distorca le priorità. Invece di affrontare problemi reali e immediati, come le crisi energetiche ed industriali create spesso dalle stesse politiche ideologiche ed erroneamente emergenziali, i governi hanno deciso di microgestire il modo in cui viene prodotto il latte.

La reazione contro Bovaer è stata rapida e decisa. In Norvegia, Q-Meieriene ha iniziato a usare l’additivo nel 2023, marchiando il prodotto risultante come “latte climatico”. I consumatori lo hanno respinto in modo schiacciante, lasciando gli scaffali dei supermercati pieni di cartoni invenduti mentre il latte senza Bovaerandava a ruba. Di fronte a vendite disastrose, Q-Meieriene ha recentemente annunciato che avrebbe interrotto l’uso di Bovaer. Questo non è solo un fallimento di marketing. Le persone sono sempre più scettiche quando gli viene detto che le loro scelte quotidiane (cosa mangiano, come viaggiano, come riscaldano le loro case) devono essere sacrificate sull’altare dell’ortodossia climatica.

Il caso Bovaer rivela l’arroganza dei decisori politici sul clima. Anche se le affermazioni di Bovaer sulla riduzione del metano fossero accurate, il suo impatto sulle temperature globali sarebbe impercettibile. Nel frattempo, i costi, economici, ecologici e sociali, sono potenzialmente enormi. Ciò solleva una domanda scomoda ma essenziale: chi trae vantaggio da tutto questo? Di certo non è il consumatore medio, che finisce per pagare prezzi più alti per un latte commercializzato con finalità dubbie. Sembra invece che a beneficiarne siano le aziende e le burocrazie che traggono profitto dall’infinita serie di normative, sussidi e programmi di greenwashing sul clima.

La spinta verso prodotti come Bovaer si basa sul presupposto che stiamo vivendo una crisi climatica senza precedenti. Ma questo presupposto è tutt’altro che provato. Eppure i decisori politici del clima persistono coi loro interventi ed il risultato è una cascata di politiche mal concepite che impongono costi enormi senza fornire benefici misurabili.

Il fallimento di Bovaer è una piccola ma significativa vittoria per la scelta dei consumatori e il buon senso. È un promemoria che il greenwashing non deve prevalere sulla volontà del pubblico. Ancora più importante, espone l’inutilità di cercare di progettare la società attorno a paure speculative sul clima. Che si tratti di manomettere la fornitura alimentare, vietare le cucine a gas o promuovere costose auto elettriche, questi interventi inevitabilmente si ritorcono contro perché si basano su una premessa errata: che pochi tecnocrati possano ridisegnare il mondo meglio della natura stessa. La prossima volta che globalisti si presenteranno con il loro ultimo schema per “salvare il pianeta”, faremmo bene a ricordare la lezione di Bovaer: il problema che affermano di risolvere potrebbe non esistere, ma il danno che le loro soluzioni possono causare è fin troppo reale.

Gianluca Alimonti, 18 dicembre 2024

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