Esteri

Che incubo la terra promessa del messia Obama

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Una domanda così, a bruciapelo. Ma voi ci vivreste nella Terra Promessa di Obama? Ve lo chiedo perché è bene essere sempre un po’ diffidenti verso chi ci propone il paradiso in terra. Tanti anni fa, in Europa, qualcuno provò a venderci l’Urss come tale e un presidente repubblicano si dovette poi prodigare non poco per favorire il contro-esodo del popolo afflitto.

Odio democratico

Tornando ai nostri giorni, dopo l’incidente di percorso Trump e “la battaglia per l’anima della nazione”, quello che fu il vice del primo presidente afro-americano degli Stati Uniti, può finalmente riprendere il percorso interrotto nel 2016 e condurre il paese verso la Redenzione. Ammesso e non concesso che il Congresso glielo lasci fare. Obama docet. Ma cosa vogliono farne dell’America questi nuovi Messia?

In primo luogo – lo hanno detto – dovranno provare a ricucire l’enorme spaccatura che attraversa la società americana. Dovranno tendere il loro bastone e ricomporre il mare, come Mosè. Ma in che modo? L’esempio potrebbe venire da un altro presidente repubblicano, che guarda caso si chiamava Abramo, vale a dire avviare una ricostruzione politica e sociale che sia realmente rispettosa dei vinti e della loro eredità culturale nonostante questi non si siano arresi nemmeno dopo la sanguinosa Gettysburg elettorale. Ora, è davvero plausibile che ciò avvenga? Con tutta probabilità, no. E il motivo è semplice: l’odio è in realtà molto più utile ai democratici che ai repubblicani. È il collante più efficace per tenere insieme un partito e un elettorato che sta virando sempre più a sinistra e che ha permesso, abilmente catalizzato, di ottenere la più grande partecipazione elettorale della storia Usa.

Non è un caso che nello slogan elettorale di Biden, e non in quello di Trump, ci fosse un esplicito richiamo alla guerra. Così come non deve sorprendere che alla violenza ricorrano più frequentemente Blm e Antifa rispetto ai Proud Boys. Da che mondo è mondo, in politica c’è bisogno di un nemico. E il nemico può diventare addirittura un “mostro” a cui viene tolta la dignità di uomo. Era un mostro Reagan, erano mostri i Bush, ora lo è Trump. È una dinamica che anche qui in Italia conosciamo molto bene. Certo, questa volta, complice la personalità border line del tycoon, la guerra è stata totale, combattuta anche da professionisti dell’informazione e dalla gran parte dei Ceo della Silicon Valley.

Insomma, in questa nuova America per certi aspetti addirittura meno democratica del Vecchio Continente che, prima non ha quasi riconosciuto l’esistenza del nemico (secondo i sondaggi Biden avrebbe dovuto stravincere, esattamente come la Clinton) e che poi di fronte all’ennesima evidenza ha demonizzato lui e i suoi oltre 70 milioni di elettori, difficile che avvenga ciò che è successo dopo la Guerra Civile. Molto più probabile che insieme alle statue confederate vengano fatti sparire dalla scena pubblica anche i sostenitori di Trump, condannati alla damnatio memoriae culturale e all’oblio sociale.

Falsa terra promessa

Archiviato o meno questo aspetto, l’amministrazione Obama-bis, perché di questo si tratterà, potrà concentrarsi sui temi tanto cari ai liberal, incalzata dall’ala estrema del partito, Sanders e Ocasio Cortez in testa. Quindi lotta alle disuguaglianze, stretta sulle armi, più attenzione all’ambiente e tutto il resto. L’obiettivo sarà evidentemente quello di estirpare o limitare il più possibile quelli che ritengono essere i vizi atavici del sistema statunitense: capitalismo, razzismo e imperialismo. Una lettura molto semplicistica della storia Usa, ma tant’è. E qui torniamo al punto di cui sopra: è davvero possibile costruire la terra promessa sull’odio? È onesto vendere il sogno del paradiso terrestre quando si attribuisce all’altro tutta la colpa dei propri mali? Quando si legge la storia unilateralmente e si delegittima in tutti modi l’avversario fino al suo annichilimento culturale e sociale?

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