Ci vorrebbe Kafka, o forse Dino Buzzati col suo “deserto dei Tartari”, per raccontare un tale controsenso prolungato, una tale sospensione amplificata, un tale surrealismo estremo. Ogni sera è la sera della guerra definitiva, ogni mattina è la mattina della pace temporanea (ma rispetto a cosa, poi?). Viviamo in un noiosissimo eterno presente, in cui l’Apocalisse viene sempre evocata e non arriva mai, un logorio collettivo dei nervi in assenza di qualsiasi scopo. Faremmo bene a mandare al diavolo lorsignori, saltare a piè pari tutto il primo sfoglio dei giornali e tutte le notifiche Facebook sul tema, aprire un classico della letteratura, andare al cinema, vivere. Faremmo bene a smettere di occuparci di politica, non fosse che, purtroppo, la politica continuerebbe in ogni caso a occuparsi di noi. E allora avanti, fino al prossimo (pen)ultimatum.
Giovanni Sallusti, 19 luglio 2019