Cronaca

La foto choc

Che orrore la bimba di Eva Kaili portata in carcere

Qatargate: la figlia di 22 mesi dell’ex vicepresidente dell’europarlamento fa visita alla madre

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Una la bimba, infagottata in un cappottino rosa, varca le soglie del carcere accompagnata per mano dal nonno Alexsandros. Dietro le sbarre trova la mamma, trenta giorni dopo essersi ritrovata “orfana giudiziaria” nel giro di un amen. Eva Kaili e Francesco Giorgi sono detenuti nel carcere di Haren a Bruxelles da ormai tre settimane. E lei, che non ha colpe ad appena 22 mesi, si è ritrovata di colpo da sola forse senza neppure un perché.

L’avvocato della donna, Mihalis Dimitrakopoulos, ha raccontato che l’ex vicepresidente dell’Eurocamera era “felice di aver rivisto la bambina dopo un mese”: “Hanno giocato insieme per circa 2 ore e venti minuti – ha fatto sapere – La stanza era molto bella e non sembrava di stare dentro a un carcere”. Nei prossimi giorni la bimba tornerà a fare visita alla mamma. Eppure resta un dubbio inespresso: è giusto che a 22 mesi le vengano tolti entrambi i genitori “innocenti fino a prova contraria” a causa di una detenzione cautelare che a molti suona sproporzionata?

La corruzione è ovviamente un reato grave. A maggior ragione se un politico si fa pagare da uno Stato straniero per perorare cause insostenibili. Eppure nel caso del Qatargate, al momento, ci sono molte voci, qualche sacca di soldi, ma manca ancora “il morto”. Per cosa il Qatar o il Marocco avrebbero “pagato” gli eurodeputati? E se Francesco Giorgi, l’assistente di Antonio Panzeri, fosse coinvolto, siamo sicuri fosse in combutta anche con Eva Kaili?

Sin dal primo interrogatorio, Giorgi ha chiesto ai pm di “lasciar stare Eva, lei non sa nulla e si deve occupare di nostra figlia”. Quali sono le prove a suo carico? Kaili è stata arrestata “in fragranza” perché, dopo aver saputo dell’arresto del compagno, avrebbe chiesto al padre di prendere una valigia da casa loro e di portarla via. All’interno sono stati trovati 750mila euro in contanti. La donna sostiene di essere stata a conoscenza del fatto che il marito conservasse qualcosa per conto di Panzeri, ma assicura di non aver saputo nulla del contenuto della valigia fino a quel giorno. E di aver solo chiesto di sbarazzarsene. Basta questo per tenerla in galera? E soprattutto: davvero è necessaria la detenzione, visto che il rischio di pericolo di fuga, reiterazione del reato o inquinamento delle prove sembra prossimo allo zero?

L’avvocato della donna ha già chiesto la scarcerazione, la detenzione domiciliare o il braccialetto elettronico. Soluzione respinta dai giudici di Bruxelles, che la vogliono dietro le sbarre. Anzi: vogliono entrambi i genitori dietro al fresco. Così mentre i magistrati si adoperano per indagare, sbobinare le intercettazioni, trovare le prove, dibattere in aula, cercare una condanna, la bambina di appena 22 mesi resta orfana e affidata alle cure dei nonni, costretta ogni tanto a far visita alla madre rinchiusa per lei chissà dove. Per di più, sbattuta sulle pagine dei giornali di tutta Europa, come il Corriere della Sera, che non hanno avuto neppure il buon gusto di evitare la pubblicazione dell’ingresso della piccola nel penitenziario.

Allo stato attuale del processo, secondo principi garantisti, per quanto forti possano sembrarci i sospetti, Eva Kaili è un’innocente indagata per corruzione. Sospettata, ma tecnicamente pulita. Magari la condanneranno, va bene. Ma qualora i giudici dovessero convincersi della sua innocenza, chi ridarà questi mesi senza mamma alla piccola Kaili?

Giuseppe De Lorenzo, 7 gennaio 2022