Alla fine hanno ragione loro. Loro come Potere, in questo caso non una cosa astratta, letteraria, pasoliniana, ma, per dirla con l’allenatore Ranieri, “con sopra nome e cognome”: quello di Gianni Infantino, boss della Fifa. Se lui dice che questo in Qatar “è stato il miglior mondiale di sempre”, tu puoi anche opporgli le tue deduzioni patetiche, i settemila morti nei cantieri, i cinque miliardi di corrutte, i diritti umani calpestati, perfino lo scandalo osceno Qatar-Ue: non otterrai niente, perché la tua parola teoricamente vale quanto la sua ma la sua, in quanto Potere, vale molto di più. Offusca la tua, la cancella. I diritti umani? No, lui pensa ai tifosi. Gli operai ammazzati di fatica a tirar su gli stadi? Eh, quante storie, “bisogna essere precisi coi numeri”. Voi potete anche contarli tutti, ma se io dico che non ce ne sono, o ce ne sono pochissimi, questa è l’unica realtà perché sono io che comando.
È la forza dell’improntitudine, che ha sempre la stessa faccia. Impassibile e cinica. Il Qatar miglior Mondiale di tutti i tempi? Dove, quando? Contestato fin dai primordi, costato maneggi inverecondi, risultato, a dirla in termini anche tecnici, di livello mediocre, troppe partite parco Lambro style, sì che alla fine s’impone chi se la gioca alla maniera del Paron Rocco, il caro vecchio catenaccio col contropiede (anche se adesso fa fino chiamarlo “ripartenza”) e la difesa spaccaossa: così la Francia, l’Argentina sono arrivate in finale contro sfidanti forse più forti, alla prova dei fatti, ma meno solidi, meno esperti.
Ma “Questo lo dice lei”, potrebbe ribattere Infantino, alla maniera di don Fabio Capello. Quanto al balletto dei diritti, delle fascette, dei guardialinee terrorizzati all’idea, niente, nessuno ha visto niente, dunque non è successo niente, tranne il Successo. Eccolo qua il gran capo della Fifa in tutto il suo splendore padronale: “Dobbiamo aspettare l’ultimo atto, ma già si può parlare davvero di un grande successo: credo che bisognerà ricordarsi di tutto questo e tenerlo in mente [e siamo già all’avvertimento, alla larvata minaccia].
Sono venute qui in Qatar persone da tutto il mondo, l’atmosfera è stata fantastica. Il mondo intero ha scoperto il mondo arabo (sic!) e ha capito che i pregiudizi che c’erano non avevano ragione di essere: è probabilmente l’eredità più importante di questo Mondiale, l’apertura reciproca di due mondi che non si conoscevano (sic!). I qatarini hanno aperto le loro porte a tutti (sic!) e chi è stato qui tornerà al suo Paese e lo potrà raccontare [ancora un messaggio inconfondibile], è una mutua comprensione tra popoli. Siamo convinti della forza e del potere del calcio: più incassi avremo e più potremo destinarli allo sviluppo del calcio in quei Paesi che dipendono da noi”.
Per approfondire:
- Mondiali Qatar, la Fifa respinge Zelensky: “No al video per la finale”
- Mondiali Qatar, la lezione dell’Iran agli ipocriti europei
- Mondiali, Dua Lipa non va in Qatar. Lloris: “Niente fascia Lgbt”
Un cumulo di menzogne, distorsioni, fantasie: quanti fra i soldi girati prima, durante e dopo i Mondiali finiranno nella disponibilità dei “paesi che dipendono da noi”? Ma il senso è chiaro e mr Fifa non fa niente per celarlo: è solo una questione di soldi, tutto il resto è conversazione, siamo qui solo per i soldi, non è mai per soldi, è sempre per soldi. Incassi da devolvere allo sviluppo del calcio nei paesi che dipendono da noi? Ma perché tu vaneggi, Infantino? Ma nessuno glielo chiede. A parte che nessuno dipende più da noi (noi chi?) e noi, almeno noi Italia, se non in Europa, dipendiamo praticamente da tutti, gli stati tribali li tiri su coi Mondiali pallonari?
Grande capo, il popolo ha fame: dategli delle palle di stracci. Infantino parla da grande risolutore, da capo di stato, anzi sovrastato: sa che la Fifa conta e pesa assai più di una cancelleria, di un ministero, è una delle lobby più strapotenti e manda i suoi segnali di conseguenza. Lui in Emirato ci vive e il suo tenore è all’altezza; parla dei poveri, dei “paesi dipendenti” con la sicumera dei grandi benefattori pro domo, i Soros, i Gates, gli Zuckerberg, gli Schwab. È questa cricca ad essersi accollata il fardello dell’uomo bianco, per dire il compito di stravolgerlo e rifarlo ad uso e consumo di una tecnologia sempre più sfrenata.
Oltre la distopia: la grande transizione “verde”, che di verde ha niente, costerà, ha calcolato il World Economic Forum, che l’ha apparecchiata, 4,5 trilioni di dollari l’anno da qui al 2050: senza alcuna garanzia, tranne che dei disastri: perdita di 185 milioni di posti di lavoro, materie prime razionate ad un costo stellare, impossibilità per l’85% delle popolazioni di spostarsi, riscaldarsi, curarsi. E pare tutto normale, e forse, a questo punto, lo è.
Poi salta fuori Infantino con la sua ricetta: in prospettiva di tanto sfacelo, tanti bei tornei di pallone come questo, umanitario, in Qatar, per aiutare “i popoli dipendenti”. Infantino vaneggia, ma non delira, è oltre l’ipocrisia e oltre il cinismo. È alla verità del Potere, che è l’unica accettabile: se lui dice che i Mondiali in Qatar sono stati i più belli, i più appassionanti, i più rispettosi, i più inclusivi di sempre, ha ragione lui punto e basta.
Il guaio, è che nell’era della comunicazione pervasiva, del pluralismo espressivo, il processo mistificatorio e censorio si irrobustisce: ormai non è più lecito neppure obiettare, dati alla mano: si viene subito estromessi da piattaforme e dibattiti, nella Cina totalitaria come nell’America e nell’Europa democratiche. Questo gli Infantino lo sanno bene e ne approfittano. Che almeno ci sia concessa qualche sterile ironia su Twitter: fino a ieri, fino a Musk, neanche quella era più possibile, c’erano – e anche questo sconcio totale ci è parso quasi scontato, quasi normale – tanto di prezzolati, ingaggiati da amministrazioni e servizi segreti, a manipolare ogni verità, a travolgerle tutte, per lasciarne una ed una sola: quella del Potere.
Max Del Papa, 16 dicembre 2022