Politica

Che ridere: violenze patriarcali tra i pro-Pal. Fatevi difendere da Hamas

Povere le donne. Loro possono scalmanarsi ad inseguire dignità nei secoli dei secoli, possono sfiancarsi a denunciare gli abusi e le ingiustizie che le riguardano, che non saranno le baggianate patriarcali di Cecchettin padre, ma qualcosa di più tragico e di più vero, possono provare tra rivendicazioni sensate ed eccessi patetici o folkloristici ad emanciparsi dalle ideologie di destra e di sinistra, che le vogliono eternamente sottomesse, e che tutte discendono dalla Chiesa autoritaria e repressiva, ma alla fine debbono ricominciare più o meno sempre dallo stesso punto.

Possono le donne raggiungere la parità sindacale, manageriale, ma una parità socialmente teorica; possono anche andare a comandare, potendolo, ma tutte le religioni essendo maschiliste per costituzione, pescando nelle società presociali dove era il maschio a cacciare, tranne la antica India che si alimentava di riso in appannaggio e controllo femminile, succede che le donne scoprono a un dato momento che tra il machismo tronfio, da parà della destra e quello mellifluo peloso della sinistra, c’è poco da distinguere e c’è poco da stare allegri.

Anche se oggi il culto dei diritti è sbiadito grazie al rivendicatorismo alla Chiara Ferragni, parità nel lucro e nella truffa influencer, parità nell’esibizionismo interessato, come la Elodie che mostra il culo dicendo che è una battaglia contro il patriarcato: e più non demandare. Lo sanno le giovani sconclusionate dei collettivi di sinistra pro Hamas, che attaccano volantini a Bologna contro il patriarcato tossico e lo denunciano pubblicamente, lo sanno che non c’è niente di nuovo sotto il sole, che la situazione è eccellente nel cielo della sinistra extraparlamentare e sovversiva? Che una compagna Jotti non ha mai fatto primavera, che per una Piccolotti moglie del compagno Fratoianni di AVS, che comanda, c’è una Evi che esce denunciando prepotenze maschiliste? Non cinquanta anni fa ma poche settimane fa.

Il togliattismo era precisamente questo, pochissime compagne ai vertici, tutte a tempo tranne la donna del Capo, le altre prima o dopo destinate alla gogna e alla disgrazia, le altre truppa di complemento, carne da cannone, da violenza egualitaria; già ai tempi di Lotta Continua le compagne denunciavano le stesse cose nello stesso linguaggio alienato e comico, contro i pestaggi e i soprusi del servizio d’ordine guidato dal compagno Erri de Luca, oggi in forza al Fatto Quotidiano pro Putin e magari pro Hamas ma guai a dirglielo, potrebbero offendersi.

Oggi nel 2024, dopo cinquant’anni di denunce sempre uguali, fondate pretestuose accorate strampalate, ancora il grido di dolore delle compagne dei collettivi, semanticamente aggiornato ai liquidi tempi: “Siamo furios3 e stuf3”, e giù col j’accuse di sempre, uscito sul sito Rivoluzione anarchica. Succede che con la scusa dell’agitazione per la Palestina, più onestamente per chi la stritola nel suo fanatismo assolutista, molti compagni si agitino addosso alle compagne: la faccenda, non fosse per i risvolti drammatici, si colorerebbe di controsensi irresistibili: intanto c’è una coerenza, le cose a Gaza funzionando esattamente allo stesso modo; anche la sconfessione del “3”, dei ruoli fluidi, tutto e il contrario di tutto, tutto a targhe alterne e a giorni alterni, uno è come si sente, certo, come no, ma mettili tutti in una stanza e i maschi si ricordano di essere diversi dalle femmine e saltano loro addosso e le femmine sono costrette a riscoprire l’eterno ruolo di vittima sacrificale.

La letterina è scritta in un irresistibile slang da extraparlamentarismo balordo, pare vergata a sei mani da Elly Schlein, Chiara Valerio e Chiara Ferragni; vi si delira di “spazi di intersezionalità politica” che sarebbero le porcilaie in cui i resistenti hanno trasformato aule universitarie, piazze, bivacchi ma tutto è buono per procedere al rito sessuale di un comunismo nato maschilista esattamente come la Chiesa che si proponeva di sbaragliare. E pure ammettendo una fisiologica quota di esaltazione e magari di finzione, di falsità, di delirio, è chiaro che nella accorata denuncia rigurgitante luoghi comuni, scoperte dell’acqua calda, accuse che sembrano uscite da cinquanta o settanta anni prima, precise, identiche, qualcosa, più di qualcosa di vero, di fondato c’è.

A partire dall’omertà che è la cifra del gesuitismo comunista: i panni sporchi da lavare in famiglia, la brava compagna che subisce e tace per non nuocere alla causa. Quale causa? Quella della pace universale, di Gaza, di Hamas dove le cose funzionano esattamente allo stesso modo ma finiscono peggio. Lo sanno le compagne di Bologna che attaccano, “ci fanno credere che in fondo siamo esagerate, che la colpa è nostra, che in fondo la donna, la compagna se l’è cercata”? Se non lo sapevano, adesso lo sanno: tutto uguale e tutto molto ideologico ma alla fine metaideologico: oltre l’ideologia, ogni ideologia, c’è la natura perversa dell’uomo bestione e miserabile. E non si accorgono di cadere nella contraddizione semantica quando urlano in maiuscolo “SORELLE NOI VI CREDIAMO!”.

Sorelle? Come mai nel sopruso e nella violenza le compagne si riscoprono donne, si riscoprono femmine solidali, prefiche unite nel lamento senza le 50 sfumature di gender e di woke che alla fine è la solita favola bella per coprire il machismo di sempre? E concludono esattamente nel modo retorico e immaturo, e tutto sommato conveniente, ma autolesionista, delle loro nonne di 50 anni fa: SIAMO TUTTE PUTTANE! Casomai puttan3. Tutto il resto, le giustificazioni che lasciano il tempo che trovano, i vittimismi un po’ sul megalomane, “dobbiamo reprimere i nostri desideri e piaceri perché ‘pericolosi’”, è solo la solita immutabile pessima pubblicistica delle bambine che giocano a fare la rivoluzione salvo scoprire che non è un pranzo di gala anzitutto per loro.

Andassero a farsi difendere dagli Hamas che difendono! Ma al di là delle contraddizioni ignobili, al di là della retorica esaltata che non va da nessuna parte, “siamo puttane, esagerate, deviate, pazze e guastafeste”, al di là delle contraddizioni che sarebbero irresistibili se non contenessero almeno una parte di drammaticità, rimane l’eterna cicilica scoperta di un grande inganno, l’ennesimo di una ideologia egualitaria dove gli eguali sono più eguali degli altri nella sottomissione, nel sopruso, nella distanza tra generi che si pretenderebbero superati, risolti. Invece si ripropongono eterni come la mala pianta dell’uomo. Per dire che il sopruso è sostanziale e immutabile? No, solo che andrebbe preso atto di un contesto sbagliato, di battaglie sbagliate nei presupposti e nelle direzioni.

La dignità essendo faccenda personalissima che poi si fa collettiva. Ma non c’è dignità nel rimanere, berciando, frignando in una porcilaia dove ti ritrovi violentata, vera o percepita, mentre manifesti per una formazione di bestie feroci che alle donne palestinesi riservano l’identico trattamento e si finge di non saperlo, si pretende di esportare il femminismo woke del “3” a Gaza, di infiltrare Hamas dall’interno. Hamas, che violenta le donne nell’ultimo spasmo della morte e i carnefici mandano i video alle madri, “ben fatto figlio mio, Allah è con te, ti protegga e ti ispiri sempre”.

Max Del Papa, 5 giugno 2024

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