Se mai servisse la conferma dell’urgenza di una riforma della giustizia, ecco che oggi ne abbiamo la conferma. Dopo i clamorosi errori di trascrizione nei verbali di Roberto Spinelli sul caso di Giovanni Toti, con i finanziamenti “leciti” che per magia diventano “illeciti”, oggi scopriamo che Mario Mori, il generale tre volte processato e tre volte assolto da accuse infamanti, all’età di 85 anni è di nuovo sotto indagine. “Ho ricevuto, dalla Procura della Repubblica di Firenze, un avviso di garanzia con invito a comparire per essere interrogato in qualità di indagato per i reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico”, ha fatto sapere – non senza dolore – il militare.
I pm continuano a scavare sugli attentati di Firenze, Milano e Roma del 1993. E ritengono che il generale “pur avendone l’obbligo giuridico, non avrebbe impedito mediante doverose segnalazioni e denunce all’autorità giudiziaria, ovvero con l’adozione di autonome iniziative investigative e preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto anticipazioni”. In pratica: omessa denuncia o qualcosa di simile. Inerzia, insomma. Secondo i magistrati “sebbene fosse stato informato, dapprima nell’agosto 1992, dal maresciallo Roberto Tempesta, del proposito di cosa nostra, veicolatogli dalla fonte Paolo Bellini, di attentare al patrimonio storico, artistico e monumentale della Nazione e, in particolare, alla torre di Pisa” e, qualche tempo dopo, anche dal pentito Angelo Siino “durante il colloquio investigativo intercorso a Carinola il 25 giugno 1993, il quale gli aveva espressamente comunicato che vi sarebbero stati attentati al Nord”.
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“Si tratta, com’è agevole a tutti comprendere – dice Mori – di accuse surreali e risibili se tutto ciò non fosse finalizzato alla gogna morale che sarò costretto a subire ancora per chissà quanti anni. Basti pensare alla circostanza che, a Palermo, mi hanno processato per 11 anni, con l’accusa di aver trattato con la mafia e siglato un accordo con Bernardo Provenzano per far cessare le stragi. La sentenza di condanna, in primo grado a 12 anni, poi spazzata via da quella di appello e di Cassazione, affermava che avrei ‘esortato’ e, quindi, sollecitato i vertici mafiosi a comunicare le condizioni per ritornare alla situazione di pacifica convivenza che si era protratta sino alla conferma delle condanne all’esito del maxi processo, e, dunque, per non commettere più stragi”.
Mori la chiama “ennesima angheria”. E ha deciso di rendere noto quando gli sta capitando al solo scopo di anticipare il circo mediatico che si stava già attivando. “L’atto istruttorio – ha detto – è stato fissato per il prossimo 23 maggio”. Con ogni probabilità, però, verrà rinviata per precedenti impegni del difensore di Mori.
Il punto, ovviamente, non sono tanto le accuse. Che a una prima lettura appaiono assurde, come le precedenti finite in un nulla di fatto. Quanto l’orrore giuridico di perseguitare un cittadino italiano per così tanti anni costringendolo a difendersi sempre in un nuovo processo per rispondere a nuove teorie. “Dopo una violenta persecuzione giudiziaria portata avanti con la complicità di certa informazione e durata ben 22 anni che mi ha visto imputato in ben tre processi, nei quali sono stato sempre assolto, credevo di poter trascorrere in tranquillità quel poco che resta della mia vita”, lamenta Mori. “Ma devo constatare che, evidentemente, certi inquirenti continuano a proporre altri teoremi, non paghi di 5 pronunce assolutorie e nemmeno della recente sentenza della Suprema Corte che, nell’aprile scorso, ha sconfessato radicalmente le loro tesi definendole interpretazioni storiografiche”. Mori, ricordando l’assoluzione di un anno fa sulla Trattativa Stato-Mafia, aggiunge: “Per questo motivo, quei giudici della Cassazione sono stati duramente criticatati dal consesso dei lottatori antimafia nella totale indifferenza del Csm che, dinnanzi a questi violenti e volgari attacchi, tace a fronte di questo disegno che ha come unico obiettivo quello di farmi morire sotto processo“.
Solidarietà intanto è arrivata da tutto il centrodestra. Guido Crosetto è duro: ritiene che l’obiettivo di questa indagine sia “dimostrare che chi sfida il potere di alcuni, chi non si inchina alle logiche della casta, deve essere distrutto”. Secondo il ministro della Difesa, “queste cose non dovrebbero accadere, nelle democrazie” perché “sono atti che si vedono nelle autocrazie” e “sono la dimostrazione che la legge non è uguale per tutti e che le garanzie costituzionali non valgono per alcune persone”. Il generale dei carabinieri, intanto, ieri è stato ricevuto a Palazzo Chigi. “Lo conosco da oltre 25 anni – ha detto in una nota il sottosegretario Alfredo Mantovano – e ne ho sempre apprezzato la lucidità di analisi e la capacità operativa, nei vari ruoli che ha ricoperto, in particolare alla guida dei Ros dei Carabinieri e del Sisde. Gli ho manifestato per un verso vicinanza di fronte alle contestazioni che gli vengono rivolte, delle quali mi ha messo a parte; per altro verso sconcerto, nonostante che decenni di giudizi abbiano già dimostrato l’assoluta infondatezza di certe accuse”. Secondo Mantovano, gli eccezionali risultati che la dedizione e l’impegno del generale Mori hanno permesso di conseguire esigerebbero solo gratitudine da parte delle istituzioni nei suoi confronti. Tutte le istituzioni, magistratura inclusa”.
Franco Lodige, 21 maggio 2024
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