Politica

Che vergogna Mattarella indignato a manganelli alterni

Il Colle è subito intervenuto sui fatti di Pisa ma ci sono precedenti illustri in cui non ha proferito parola

Mattarella polizia

La sortita presidenziale in favore dei manifestanti, chiamiamoli così, pisani può contrariare, come spesso accade, ma non stupire; c’è chi l’ha messa in relazione con una certa qual preoccupazione per le imminenti, odierne elezioni in Sardegna, che potrebbero penalizzare la sinistra, e il Corriere non ha esitato un solo istante a soccorrere il vincitore con argomentazioni piuttosto contorte: questioni se vogliamo di lana caprina, ma restiamo ai fatti, alla sostanza.

Mattarella non può non sapere (e se lo ignora è peggio; ma lo sa) che quei bravi ragazzi di Pisa erano di incerta anagrafe, alcuni abbondantemente canuti, ma di sicura provenienza: centri sociali, ambienti anarcoidi, in collegamento con organizzazioni che preoccupano non solo il Viminale ma direttamente i Servizi, in alcuni casi con i rottami del brigatismo toscano e fiorentino, quelli che avevano la centrale operativa dalle parti di via Stalingrado, dove Moretti andava e veniva dai covi romani in cui spostavano Moro, e sul quale mai è stata fatta definitivamente luce.

Mattarella sa, perché deve per forza essere stato informato, che quei bravi ragazzi, concentratisi in modo non spontaneo e del tutto abusivo, senza alcuna autorizzazione, puntavano decisi all’Ambasciata di Israele, evidentemente per chiare intenzioni, e poi ad una sinagoga, idem, e, per arrivarci, avevano, loro, pressato il cordone di polizia, che ha reagito, e ci sarebbe anche mancato altro; quanto alle autentiche ragioni della loro pacifica protesta, non è neppure da mettere in discussione che a quelli della pace in Palestina non importava niente (come avrebbero dimostrato poche ore più tardi), ed esprimevano se mai incondizionata solidarietà a quegli altri bravi ragazzi di Hamas, alcuni dei quali del resto infiltravano il corteo.

Mattarella sa anche, e questo davvero non può non saperlo, che se c’è un fallimento, come lo ha chiamato, non sta tanto nella reazione delle forze dell’ordine, ma da un insistito lassismo, al limite della complicità, passato dal regime di sinistra, evidentemente connivente, a quello di una destra palesemente preoccupata a prescindere proprio delle sortite del Colle e delle reazioni di paglia delle opposizioni; per effetto di questo atteggiamento imbelle, unico nelle democrazie occidentali, stiamo assistendo, da anni, a indisturbate scalmane di centri sociali e balordaggine assortita che devastano le città, rendono i centri storici inagibili, pericolosissimi, incluse le scorribande indisturbate di “maranza” e stupratori etnici immediatamente rimessi in libertà un minuto dopo, rovinano monumenti, aggrediscono capolavori nei musei, scaricano liquami nei fiumi, paralizzano il traffico, provocano incidenti, cagano nelle fontane, vantandosene e ridendo in faccia agli sbirri.

Anzi, c’è perfino chi, a forza di provocazioni, diventa una piccola star televisiva, coccolata dai talk show militanti: la via teppistica al parassitismo influencer e, perché no, politico. Non basta. Non esiste università dove non si pratichi l’aggressione selettiva, avallata dai rettori, degli sgraditi, siano giornalisti, studiosi, pontefici o semplicemente studenti di origine ebrea; e non c’è scuola dalle Alpi a Capo Passero dove i bravi studenti non provvedano a bruciare in effigie manichini o foto, regolarmente appese alla rovescia, di Giorgia Meloni, con contorno di Salvini.

Mai una volta si è sentita, a memoria, e perdonateci se ce la siamo persa, la pur flebile voce che, dal Colle, condannava o stigmatizzava. Il resto del mondo, d’altra parte, si costerna: non esiste alcuna altra democrazia che si regga secondo basi così cialtronesche e autolesionistiche. Qui la questione di una politica di potere, non tanto il Colle, ma la politica nel suo complesso, quanto meno distratta a fasi alterne, assume un significato che va oltre il possibile sconcerto. Perché l’utilizzo della forza più o meno bruta nella forza pubblica si è pur avuto in plurime occasioni durante i mandati di Mattarella, sebbene per le ragioni sbagliate, ragioni che avevano più a che fare con uno stato concentrazionario che democratico.

Per un solo esempio, possiamo citare le legnate dei celerini sugli studenti che manifestavano dopo la morte di un diciottenne che seguiva i corsi di alternanza scuola-lavoro: fu il 28 gennaio 2022, in pieno governo Draghi. Ma, se qui ci si poteva ancora dividere sui fatti e sulla possibile strumentalizzazione della cronaca, pochi dubbi possono viceversa sussistere quanto alla repressione di stampo sudamericano sui poveri cristi che, del tutto inermi, manifestavano contro l’assurdo, odioso, inutile, illiberale ricatto del green pass: inseguiti, pestati, travolti dagli idranti mentre restavano seduti in terra, come cani, a sopportare e a pregare, mentre la sinistra che oggi si rotola in terra esultava, invocava ancor più violenza, “cannonate”, “vene sfondate” in ospedale ai novax, campi di concentramento, sedia elettrica, odio puro senza controllo, un rosario di malvagità che ricordava molto la perdita di coscienza e di umanità, il male puro sguinzagliato sotto le dittature totalitarie.

Dove stava il Colle in quella e in altre occasioni? Non lo chiediamo solo noi, c’è tutto il web, disseminato per i social, a domandarlo. Il web e il resto di una opinione pubblica che sarà andante, che si abbevererà pure al Sanremo di Ama e Ciuri, ma non la si può scambiare perennemente per lobotomizzata, non la si può sempre dare per scontata nella dabbenaggine cieca. Il silenzio di Mattarella, allora, si tingeva di assenso, peraltro sottolineato da insistite uscite sui “novax” cui non dare spazio, sulla “libertà da non addurre per evitare l’obbligo di vaccinarsi”, proprio così (quanto alle successive sconfessioni della scienza circa un simile orientamento, stendiamo un velo pietoso e accontentiamoci di notare, di passata, che la politica di potere italiano è stata l’unica al mondo, democrazia cinese a parte, a non pronunciare una sola parola di scuse o di spiegazioni nei confronti dei cittadini vessati; anzi, qua e là ci si rammarica perché quelle misure, totalmente reazionarie e violente, non risultarono abbastanza opprimenti).

Infine, il Colle sarebbe piombato, con un protagonismo quanto meno discutibile, sulla commissione d’inchiesta chiamata a valutare l’operato dei precedenti governo in pandemia, che sortirà il poco o nulla che sortirà, ma che, evidentemente, era di per sé uno spauracchio considerato intollerabile dal Capo dello Stato, il quale ha immediatamente provveduto a sconfessarla e a pretendere pesantissimi paletti che, di fatto, la vanificavano in partenza.

Se il Colle tace quando la forza pubblica opera rappresaglie su cittadini pacifici, e viceversa si esprime a difesa di manifestanti tutto meno che pacifici, le conclusioni non serve che vengano tracciate: stanno lì, sotto gli occhi della logica. E della cronaca. Pochissime ore dopo la sortita presidenziale, a Milano e altrove nuovi focolai di resistenti “per la Palestina”, ossia pro Hamas, provvedevano ad assaltare luoghi simbolo dello stato d’Israele, bruciarne le bandiere, assaltare supermercati (chiaramente, intendevano spedire a Gaza il bottino delle razzie), mandare cori diversamente pacifisti contro Israele, di cui si invocava, al solito, l’Olocausto, predicare apertamente la morte violenta di Meloni, eccetera nella scia di un copione infallibile, immancabile.

Questa volta, il Colle è stato zitto. Non arriviamo ad insinuare in alcun modo una responsabilità diretta e nemmeno indiretta, se mai cogliamo, nel manifesto con cui subito il Pd, in difesa dei bravi ragazzi di Pisa, si è riferito alle parole del Capo dello Stato, una curiosa elaborazione grafica: “Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella” e, subito sotto: “Pd”. Saranno anche stati maldestri, i designer armocromisti di Elly Schlein, ma proprio così innocenti forse no.

Max Del Papa, 25 febbraio 2024

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