Chi c’è dietro al partito di Conte

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L’avvocato degli italiani, Giuseppe Conte, non vuole andare a votare a settembre non solo perché brama di restare a Palazzo Chigi, ma soprattutto perché stanno preparando un partito tutto per lui. La ‘lista Conte’, un mix di mondo cattolico variopinto tra solidarietà, rigore e comprensione verso le nuove tendenze della società. A questo progetto lavorano frange vaticane che non si rassegnano a vedere emarginata la loro missione, organizzazioni cattoliche del volontariato, pezzi dell’intelligence e più di qualche grande manager pubblico. Il Premier per adesso si schernisce, finge di non sapere, anche perché aveva solennemente dichiarato che finito questo sogno sarebbe tornato dai suoi studenti e ai suoi arbitrati. Ora però si guarda bene dal ripeterlo, troppo proteso ad alimentare il fuoco tra Di Maio e Salvini, ha bisogno di tempo almeno fino alla primavera.

Ormai è tutto un via vai di sondaggi, commissionati sul suo appeal dal devoto Rocco Casalino, il “grande fratello” cresciuto tra la scuderia di Lele Mora e Telelombardia, l’unico che gli è rimasto fedele. Gradimento che i sondaggi dicono alto tra gli italiani ma in caduta libera dentro Movimento 5 stelle, per non parlare della Lega. Per Grillo, infatti, l’immagine troppo ‘leccata’ del Presidente ha fatto perdere al M5s la sua forza rivoluzionaria che ora spera di poter ritrovare con una coppia inedita di lotta e di governo, Roberto Fico, Presidente della Camera, e Luigi De Magistris, Sindaco di Napoli. Casalino pensa invece a Conte leader, in ticket con la sua conterranea pugliese Barbara Lezzi, attuale ministro per il Sud, sua complice di mille battaglie politiche e non.  Al nord un referente potrebbe essere Sergio Battelli, deputato genovese alla seconda legislatura, animalista convinto, detto anche “Mago Forest” per la somiglianza con il noto personaggio televisivo. Chi sta lavorando per la lista Conte è una umanità variegata, passa dalle segrete stanze Vaticane e lambisce importanti studi legali. Come quello di Grande Stevens, la cui eredità è stata raccolta da Michele Briamonte, punto di riferimento in Vaticano dove ha già avuto qualche fastidio.

E poi il solito profumo di servizi di sicurezza e qualche bella dama romana, che in questi casi non manca mai. Oltretevere si muove con la consueta raffinatezza un estimatore di Conte, monsignor Claudio Maria Celli, stratega della comunicazione e diplomatico di lungo corso con alterne fortune tra Cina e Venezuela. Incontri riservati si svolgono in una palazzina di Propaganda Fide in via Carducci, benedetta anni fa dal compianto cardinale indiano Ivan Dias. Il delicato arcivescovo Celli è il collante con Villa Nazareth, dove risiede la Comunità Domenico Tardini, sacerdote romano, attento ai temi sociali, che la fondò per accogliere bambini poveri e orfani, ma poi diventata il fulcro dell’intellighenzia cattolica, con il suo punto di riferimento spirituale nel Cardinale Silvestrini e con la benevolenza del segretario di Stato Pietro Parolin. E proprio Conte è presente nel comitato scientifico, incoraggiato da Silvestrini, verso il quale ha una venerazione assoluta. A spingere per una lista cattolica con Conte lavora anche la Comunità di Sant’Egidio, in questi ultimi mesi molto occupata ad aiutare il governo sulla crisi libica per agevolare i corridoi umanitari, ricevendo il plauso di Palazzo Chigi. E sempre sulla Libia, ma con uno sguardo alle prospettive future del suo Capo, opera l’uomo catapultato dal Premier al DIS, il generale Gennaro Vecchione.

Ha un debole per la giusta sistemazione logistica dei vari edifici dei Servizi sparsi per Roma e per le belle donne, l’ultima delle quali una vecchia conoscenza dei salotti e della cronaca, Maria Stella Giorlandino, di Artemisia, protagonista tempo fa di una rocambolesca fuga che ha tenuto in apprensione la Roma bene. A Conte leader guardano infine con interessata attenzione per la loro riconferma due manager pubblici di grande spessore: i laici Claudio Descalzi di Eni e Alessandro Profumo di Leonardo, entrambi, per motivi diversi, in difficoltà. Dopo il flop di Mario Monti, che aveva allora anche l’appoggio  di Giorgio Napolitano, riusciranno tutti questi eroi a mettere su un Partito attorno a Conte? Serve tempo, organizzazione e fondi ma Casalino ne è certo. Sempre che non bisogna raccogliere pure le firme in giro per l’Italia per presentare la lista, oppure fare come in passato, quando è bastato creare un piccolo gruppo parlamentare. E non è certo un caso se Conte ai parlamentari che incontra domanda con il suo miglior sorriso “ma tu sei diventato contiano…?”. Salvini è avvisato.

Luigi Bisignani per Il Tempo

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