Politica

“Chi dissente lo ammetta”. Parte il processo a Elly Schlein

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Elly Schlein se la canta e se la suona. Nel senso di Daniele Silvestri e Diodato, due dei poeti del nostro tempo – si fa per ridere – citati dal segretario del Pd durante la sua relazione alla direzione dem. Se la canta e se la suona, dicevamo, sapendo di aver ereditato un partito alla canna del gas ma sempre molto attivo quando si parla di beghe interne, correnti (ne nascerà una nuova, capo Bonaccini), liti, stilettate in pubblico e via dicendo. Elly ha provato sulla sua pelle che scalare un partito è una cosa, e in certi casi puoi riuscirci anche da esterno; ma governarlo è tutt’altro paio di maniche. E se è indubbio che a Schlein sia riuscita la prima impresa, nel secondo caso sta navigando in pessime acque.

L’autogol di due giorni fa è solo l’ultimo di una lunga serie. Elly si è mostrata incerta (vado o non vado dai 5 Stelle), poi ha scelto di farsi fotografare al fianco di Conte senza sapere che dal palco Beppe Grillo avrebbe parlato di passamontagna e brigate varie, il tutto condito da altri interventi fuori linea rispetto alle idee del dem sull’Ucraina. Per usare un’eufemismo. Senza contare che poco prima Elly aveva appena finito di prendere sberle dai “suoi” sindaci per una posizione troppo dura contro l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, reato odiato dai sindaci Pd ma che Schlein vuol mantenere. In mezzo a questo gran caos, oggi il segretario dem si è ritrovato a dover leggere (andare a braccio sarebbe stato chiedere troppo) una relazione introduttiva alla direzione al Nazareno con tanto politichese e poca sostanza. Elly va all’attacco di chi “cerca l’incidente ogni giorno”, leggasi i riformisti che continuano a criticarla. Nega che il Partito Democratico non abbia una “linea poltiica”, semmai “di contenuti siamo pieni ma siamo bravi a coprirli con le divisioni interne”. E chiede a tutti di “lavorare in modo corale” per “suonare lo stesso spartito” e far emergere le 4.850 cose che abbiamo in comune”. Gli applausi non sono stati così calorosi.

Per approfondire

Ora, sarà pur vero che “la gente è stufa di dibattiti autoreferenziali” nel Pd. È vero che se ha vinto le primarie spetta a lei dettare la linea. E fa bene a chiedere un po’ di continenza nelle critiche esterne. Però il partito nato dall’unione tra democristiani e post comunisti è questa roba qua e dopo anni di “centrismo”, in cui i dem sono stati al governo con le più variopinte alleanze, vedere l’asse spostarsi troppo a sinistra stride con la tradizione. Da qui i tanti mal di pancia interni. Ieri l’addio di Alessio D’Amato ha fatto suonare l’ennesimo campanello d’allarme dopo le fuoriuscite delle scorse settimane. Oggi lo ha seguito il vicesegretario del Molise Maria Concetta Chimisso, pure lei in protesta contro il Pd a rimorchio del M5S. Lo stesso “rimorchio” citato pure dal presidente dem, Stefano Bonaccini, sornione ma deciso a non vedere un Pd grillizzato. Alessio Alfieri lo dice senza girarci intorno: “Non contesto le motivazioni di andare da Conte ma non ho compreso le ragioni di aver esposto il Pd alle critiche poi ricevute”. Lo stesso Pina Picerno: “È stato un errore”. Che poi è lo stesso che pensa, e dice, Beppe Sala con toni altrettanto critici benché velati. Il problema, ragiona il sindaco di Milano, non è tanto andare o non andare sotto il palco di Grillo, ma il fatto che “la piattaforma programmatica” della manifestazione è contraria ai principi dem. “Non è che il Pd sia contro idealmente, ha votato contro in varie occasioni – dice Sala – credo che la gente voglia un’opinione chiara da parte del Pd”. 

E un’idea precisa, dalla relazione, non è che sia emersa così chiaramente. Il Pd sta dalla parte dell’Ucraina, però cerca la pace. Cercherà di fare opposizione dura sul Pnrr e sul’Autonomia di Calderoli. Cercherà sponde sul salario minimo, al momento unico punto di raccordo per le opposizioni tutte da Calenda a Fratoianni. E infine partirà con “un’estate militante”. L’ultima trovata di una segreteria appena nata e che sembra già sul del processo interno. Con me o contro di me. Non è un buon punto di partenza per rianimare un partito.

Franco Lodige, 19 giugno 2023

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