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Chi è il Casalino di Draghi

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Dallo storico whatever it takes’ ad ‘all you can eat. Se ora anche il cosiddetto “governo dei migliori” si mette a lottizzare siamo proprio alla frutta, soprattutto quando emergono con tutta la loro tracotanza i “famigli” dei vari premier pro tempore. Negli ultimi anni a Palazzo Chigi vanno di moda gli ingegneri tuttofare: Conte aveva Casalino, Draghi ha Giavazzi. Ma il risultato di questi fidati consiglieri post-Machiavellici non cambia: Roccobello irrompeva in ogni riunione e talk show mentre il professor Giavazzi fa e disfà a suo piacimento, correndo di prima mattina a Villa Borghese con manager e dirigenti pubblici e sognando nel frattempo i saloni del Quirinale.

Intanto, tra una nomina e l’altra, si trastulla con quell’intellighenzia che da sempre gravita attorno alla Bocconi e a Mediobanca dove scherzosamente lo chiamano il “Davigo dell’economia” per la sua indole giustizialista. Ma ciò su cui l’economista laureato in Ingegneria al Politecnico sta davvero spendendo ogni energia è la riforma del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il Cnr è uno tra i più iconici carrozzoni pubblici che gestisce oltre 600 milioni di euro di contributi l’anno, con un bilancio di circa 1 miliardo e che, almeno sulla carta, dovrebbe valorizzare la ricerca scientifica e tecnologica. Nel comma 1 dell’articolo 105 della riforma targata Giavazzi-Pd (area Letta) si prevede la sostituzione del piano triennale, sul quale si sarebbero dovute impegnare le risorse, con un cosiddetto piano di rilancio gestito da pochi intimi. Spetterà, quindi, esclusivamente alla presidente piddina Maria Chiara Carrozza e a 5 “bravi” scelti discrezionalmente dal ministro dell’Università decidere la destinazione delle enormi risorse riservate dal Pnrr al principale ente pubblico di ricerca italiano, esautorando gli organi interni senza nemmeno passare per un parere delle Commissioni parlamentari.

A poco servirà il tetto di 50 mila euro per le solite consulenze quando si può disporre di un fondo di 50 milioni, appena stanziato per il rilancio dell’Ente e che invece sarà utilizzato, ancora una volta, per pagare l’esercito di consulenti “amici degli amici”. Ad inorridire persino la Cgil, assieme al mondo accademico dei docenti riuniti attorno a “Lettera 150”, nonché i ricercatori che per domani hanno indetto un’assemblea di fuoco, anche dopo che la ministra Maria Cristina Messa, pupilla di Giavazzi, travolta dalle critiche, ha scritto che vigilerà con attenzione sulla questione. Sembra che ad intervenire contro queste manovre “all’italiana” con un emendamento specifico nella legge di bilancio sarà Maria Stella Gelmini, capo delegazione di Forza Italia al Governo e già apprezzata ministro della ricerca. Questa volta almeno sembrerebbe che l’emendamento dovrebbe trovare il supporto di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

Sempre in fatto di consulenze sul Pnrr la coppia Draghi-Giavazzi sta impazzando. Doveva essere il più grande piano di opere e di rilancio per l’economia italiana dal Dopoguerra a oggi mentre, almeno per ora, come ha sottolineato un presidente di sezione del Consiglio di Stato, romano da tre generazioni, “è solo un marchettificio”. Centinaia di assunzioni, senza passare da alcun concorso pubblico, tra funzionari, dirigenti e direttori con stipendi da capogiro per controllare l’attuazione di un piano che non è ancora partito. I recordmen di queste nomine sono Roberto Cingolani (Transizione ecologica) ed Enrico Giovannini (Infrastrutture e Trasporti). Seguono a ruota Marta Cartabia (Giustizia), Stefano Patuanelli (Agricoltura) e Patrizio Bianchi (Istruzione), tutti muniti di quelle “unità di missione” che, tra esperti e consulenti, costano fino a un miliardo di euro all’anno.

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