I referendum sulla giustizia hanno fallito. O meglio: ha vinto il “Sì” a tutti i cinque quesiti, ma l’affluenza alle urne è stata davvero bassa. Niente quorum e niente abrogazione delle norme. Quindi tutto resta come prima.
Di chi è la colpa? Lo abbiamo detto in più salse: colpa della scarsa partecipazione dei partiti, a parte lodevoli eccezioni; della stampa che ha ignorato il tema fino a che non è fallito il referendum; della natura stessa della consultazione, ormai logora; e dei quesiti proposti, non esattamente “pop”. Secondo Alessandro Giuli, però, il “killer” dei referendum sarebbe Giuliano Amato: non avendo fatto approvare i referendum sulla cannabis e l’eutanasia, che piacevano a sinistra, ha di fatto tarpato le ali anche a quelli sulla malagiustizia. Le canne e la morte assistita avrebbero fatto da volano anche per i referendum sulle toghe e i pm, che – va detto – non hanno scaldato gli elettori.
Ma forse c’è anche un altro “responsabile”, almeno politicamente. Ovvero quel presidente della Repubblica nonché del Csm, Sergio Mattarella, che avrebbe fatto “trapelare” che votare è un diritto ma non un dovere. Proprio ora? Forse, si chiede Iuri Maria Prado, perché non voleva che i referendum passassero?