Chi nasce uovo non muore quadrato. Chiara Ferragni, chi vuoi fregare più?

Il comunicato stampa della influencer a cui “tiene molto”. Ma è solo il solito modo per girare la frittata: sta chiudendo un contenzioso

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Ferragni (1)

Perseverare è diabolico dice il Vangelo, ma la saggezza popolare ricorda che “chi nasce tondo non muore quadrato”. Chiara Ferragni, un nome una garanzia ormai, non ha nessuna voglia di cambiare le sue geometrie, di perseverare invece sì e, a corto d’immagine e quindi di risorse, torna a galla con un comunicato-video dei suoi, tutto un programma, che vale la pena di riportare integralmente. “Sono felice di condividere con voi un comunicato importante a cui tengo molto, e relativo al caso uova di Pasqua ‘Dolci Preziosi’, che l’autorità Antitrust ha chiuso accogliendo gli impegni su cui TBS Crew e Fenice hanno lavorato negli ultimi mesi. Il primo impegno consiste in un contributo economico volontario, che è una donazione e non dunque una sanzione, per un minimo di complessivi 1 milione e 200mila euro in favore dell’impresa sociale ‘I bambini delle fate’. Le società si assumono l’impegno, a cui tengo in modo particolare, della separazione totale delle operazioni commerciali delle società dalle attività benefiche che comunque non smetteremo di fare”.

Lo stile è il solito suo, tra lo sgrammaticato da agenzia, o almeno involuto abbastanza da non lasciar capire niente, e il narcisistico strategico: è felice di condividere con i follower, tiene molto all’impegno della separazione delle carriere, pubblicità e beneficenza. Ma si direbbe ci ricaschi come sempre, senza scrupoli di sorta. Chi nasce tondo non muore quadrato. A parte la volgarità di esibire una “donazione da 1,2 milioni”, Chiara se la può rigirare come le pare ma la sostanza è che sborsa una somma per chiudere l’ennesimo contenzioso, questo sulle uova di Pasqua che, secondo schema consolidato, dovevano fruttare guadagni da devolvere ai malati, bimbi autistici in quel caso, e finirono devoluti a se stessa. Questi, sono gli impegni cui si è lavorato per mesi: chiudere un’altra questione spinosa. Quanto alla separazione tra commercio e beneficenza, c’è poco da vantarsi: la commistione in sé era vergognosa, come poi si è scoperto, e distinguerle oggi, ammesso che così sia, non è altro che una via d’uscita, a suo tempo promessa, ricordate? Nel video della vestaglietta oncologica, subito dopo il colossale sputtanamento del pandoro tarocco. “Ho commesso un errore di comunicazione, starò più attenta e separerò le due sfere”.

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Questi Ferragnez, c’entri o meno la immancabile Lucarelli, hanno un curioso rapporto con la solidarietà, con le attività benefiche: più le sbandierano e meno si rintracciano, finiscono disperse e i rivoli societari dei distinguo, degli arrivi parziali o, come sempre più interlocutori lamentano, del tutto latitanti. Chiara Ferragni sta solo cercando di riproporsi, nell’unico modo che conosce: con parole di fumo, con la beneficenza strategica che ancora una volta, girala come vuoi, salva se stessa, da spinose e potenzialmente rovinose conseguenze. Ma il suo impero è finito e lei lo sa. E siccome in dieci anni di sovraesposizione ha dato prova di non saper fare letteralmente niente, al netto dei selfie da arricchita facile di provincia, non farà più niente.

L’imprenditrice digitale non ha mai intrapreso, ha se ma fatto girare, ha esibito, schermata da un reticolo di società su cui anche il Fisco si è fatto curioso. Una così l’hanno seguita, per un decennio, a milioni. Per farci cosa? Per imparare cosa? Il reame degli influencer forse non sparirà, al peggio non c’è mai fine, il male si rigenera sempre in forme peggiori. Ma il modo insulso e spesso vergognoso di fare i soldi, come quell’alltra che si ritraeva, moribonda, in una ignobile chemioterapia a base di borsette di marca, cannule che partivano dalle griffe e arrivavano, per finta, alle vene, questo modo schifoso pare, se Dio vuole, al suo epilogo.

Dovranno inventarsi altro, dovranno millantarsi in modo meno grossolano, dovranno essere più convincenti nella falsa vicinanza alla gente senza nome, ai poveri cristi senza storia che li seguono. Insomma occorrerà un livello più sofisticato per spremere i miseri, per prenderli in giro. Giorgio Bocca vent’anni fa aveva intuito il dramma del post capitalismo: la finanza che prendeva il posto della produzione, i nuovi ricchi senza capitale che, in fama di manager, di ceo, potevano diventare miliardari sulle rovine da essi stessi provocate, assegnandosi bonus, stock option, trasferendosi da un’industria automobilistica ad una chimica o farmaceutica. Cosa che abbiamo constatato, sulla nostra pelle, coi vaccini. L’impunità e la distruzione non creatrice premiate, quanto a dire la negazione, la distruzione del capitalismo classico. Ma, fortunatamente per lui, Bocca non ha vissuto abbastanza per vedere il trionfo ulteriore, quello dei senz’arte né parte saliti dalla provincia e dopo un paio d’anni capaci di permettersi l’attico da mille metri quadri nel cuore della metropoli, dove un metro quadro costa le dieci, le quindicimila euro, e poi ville comasche, fuoriserie, elicotteri, trecentomila euro per lo scatto delle chiappe a filo d’acqua. Gente di trent’anni, anche meno.

Il post post capitalismo degli imbonitori di se stessi, dell’acqua piovana imbottigliata a 10 euro, delle infradito cinesi che costano la morte agli schiavi cinesi ma vendute a cento, mille volte il costo di produzione. Poi si fanno i proclami per la giustizia nel mondo, certo. Per l’aborto di default e il rispetto delle “persone umane”. Senza dire della beneficenza autoriferita, sul cranio lucido dei piccoli malati di cancro. Qualcosa che induce nausea anche solo a ricordarla, che pare incredibile a raccontarla oggi: ma ha tenuto banco per anni e a milioni l’hanno più che giustificata, la hanno esaltata. Milioni di mai nati, con l’unico orizzonte dei soldi laidi in pose laide; ancora oggi, le ragazzine si sforzano di atteggiarsi, di parlare al modo insopportabile delle influencer, come quella, poi sparita, che “parlava in corsivo”. O la Chiara Ferragni di “hi guys”, questo totem che annaspa nella polvere della sua caduta.

Max Del Papa, 5 luglio 2024

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