Esteri

Chi sono i “giornalisti” complici di Hamas

Il caso dei reporter che hanno il filo diretto con i terroristi palestinesi

fotogiornalisti hamas I reporter tra i terroristi?

Indro Montanelli, grande maestro, sosteneva che il giornalismo è tale quando svolge la funzione di sentinella o cane da guardia della democrazia. Se nelle democrazie del passato il giornalismo libero era poco ma c’era, nelle democrazie dei giorni nostri è diventato una via di mezzo fra un’utopia e un animale mitologico. Il giornalismo ormai, e noi ci siamo tristemente abituati a questa tremenda realtà, non è più informazione ma spettacolo delle notizie dove si strillano le novità che fanno ascolti secondo criteri che vanno dalla linea editoriale al bisogno di avere quanta più gente possibile davanti agli schermi quando passa la pubblicità. Perché la pubblicità è progresso anche se condita di propaganda e ideologia.

Con buona pace della verità perché come scrisse George Orwell su Verità e Menzogna: “Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.” Pertanto, nel tempo dell’inganno universale, le grandi reti televisive, per esempio le americane CBS News, NBC news e Fox News Channel, tanto per citare alcuni esempi, oppure la BBC britannica o la Antenne 2 francese, oppure, per rimanere in Italia, in alcuni telegiornali delle reti Mediaset (privata) o nella quasi totalità di quelli della Rai, che dovrebbe essere di Stato ma che invece è solo di qualcuno, quando fanno informazione, è sotto gli occhi di tutti ma solo in pochi sembra che se ne rendano conto, hanno tante linee editoriali, interessi politici, motivi di bottega.

Questo perché, come detto prima, la pubblicità è progresso e porta il denaro che serve per la sopravvivenza delle reti stesse e per aumentare gli stipendi, già belli grassi, dei vari dirigenti che fanno il lavoro per cui vengono pagati. Cioè, da bravi Yesman, allinearsi e dire e far dire solo ciò che va bene al padrone di turno. Con tanti saluti ai cani da guardia della democrazia che ormai sono tutti in pensione o nei canili. Quei pochi ancora in libertà sono solo randagi pulciosi che quando abbaiano danno solo fastidio al vicinato.

Tornando ai grandi network internazionali, soprattutto quando l’argomento è il Medioriente e Israele in particolare, abbiamo un ampio campionario di deviazioni giornalistiche che, almeno per diritto di cronaca, è necessario denunciare. Parafrasando Orwell, nel tempo dell’inganno universale, un giornalista che mette in luce le storture del giornalismo fa “un atto rivoluzionario.” Prendiamo i due esempi più eclatanti: la CNN e Al Jazeera. Questi due network televisivi godono della fama di essere fra i più rapidi e puntuali nel diffondere le notizie, ma essere rapidi e puntuali non basta per dare informazione di qualità. Non è un caso che proprio questi due network sono stati più volte attenzionati e silenziati dalle autorità israeliane sia per aver divulgato da Israele notizie sotto censura sia per aver divulgato notizie false.

Ad Al Jazeera, novità di pochi giorni fa, è stato rinnovato il divieto di trasmettere da Israele per i prossimi 45 giorni. Al fine di stroncare le polemiche sul nascere faccio presente ai lettori che nessun network israeliano ha la possibilità di lavorare dal Qatar. Ci furono permessi limitati e momentanei concessi solo durante il periodo dei mondiali di calcio. Dirigenti della CNN diverse volte si sono trovati nell’imbarazzante condizione di dover volare in Israele per evitare la chiusura dei loro uffici di Gerusalemme, di casi in cui i loro giornalisti ne hanno combinate di tutti i colori, e sempre in un senso, ce ne sono stati tanti e le scuse a scoppio ritardato delle varie firme, anche importanti, non sono servite a sistemare i rapporti fra le parti.

Per dare un senso alla mia critica sul modo di fare giornalismo alla CNN vorrei usare due esempi: il primo riguarda Sara Sinder, corrispondente CNN, che il 14 ottobre si è scusata con Hamas per aver riportato la versione secondo la quale i membri di Hamas avrebbero ucciso barbaramente bambini nell’offensiva in Israele di una settimana prima. Si è scusata di aver riportato la notizia di “neonati e bambini con le teste decapitate”. Vorrei ricordare che il 14 ottobre fotografie e filmati dei massacri erano già stati visti in tutto il mondo e i giornalisti accreditati in Israele erano stati invitati dal portavoce dell’esercito a visitare le case attaccate e distrutte dai terroristi di Hamas. In quei giorni c’erano ancora molti corpi a terra e ve lo dice chi quei corpi li ha visti in prima persona. E Sara Sinder si è scusata scusa con i terroristi.

Se questo è il livello dei giornalisti responsabili delle informazioni che vengono divulgate, c’è davvero da preoccuparsi. Di questi giorni c’è il presunto scoop che sempre la CNN dice di aver fatto con il suo reporter di guerra Ben Wedeman. Benjamin C. Wedeman, per gli amici Ben è un giornalista di caratura internazionale e corrispondente di guerra senior della CNN con sede a Roma. Lavora con la rete dal 1994 e ha vinto numerosi Emmy Awards e Edward Murrow Awards. Proprio lui è volato a Beirut per intervistare Osama Hamdan che è uno dei tanti capi di Hamas all’estero e come tale, insieme ad Isma’il Haniyeh, Khaled Meshaal e tutta l’allegra brigata, non conta assolutamente nulla. E se questo lo so io ad Atlanta non possono non saperlo. Ben è volato fino a Beirut e, alla fine della fiera, si è grosso modo limitato a porre la domanda più inutile del mondo e cioè: perché Hamas non ha accettato la proposta di cessate il fuoco sostenuta dagli Stati Uniti. La risposta la conoscono tutti, non era necessario andare a Beirut.

Hamas vuole il ritiro di Israele dalla Striscia per mantenere il potere e Israele non può permettere ad Hamas di rimanere al potere perché sarebbe una perenne spada di Damocle. Poi accettare passivamente l’idea che Hamas non sappia dove sono gli ostaggi e quanti sono ancora in vita, rasente il ridicolo. Ho ascoltato l’intervista e in questo pseudo scoop non ho trovato nulla di nuovo perché sono stati ripetuti a memoria i pizzini di Sinwar, vero padre e padrone di Hamas. Se Wedeman voleva davvero fare uno scoop e da bravo reporter di guerra avrebbe dato un senso ai premi ricevuti, magari guadagnandone un altro, gli sarebbe bastato scendere di una ottantina di chilometri verso sud per girare un reportage e raccontare come Hetzbollah si sta preparando ad affrontare l’esercito israeliano.

Invece lui, reporter pluripremiato, si è accomodato in un ufficio con l’aria condizionata per parlare di un piano di pace nato morto mentre oltre duecento ordigni di tutti i tipi venivano lanciati verso Israele. Altro esempio della qualità dell’informazione di certi grandi network, qualcuno lo ha detto ma repetita iuvant, Abdallah Aljamal, il carceriere di tre dei quattro ostaggi liberati dall’esercito israeliano era un giornalista di Al Jazeera. Giornalista freelance la mattina e terrorista in servizio permanete effettivo per il resto del giorno. A pochi giorni dalla storica operazione di salvataggio dei quattro ostaggi, l’operazione dell’antiterrorismo israeliano risale a sabato 7 giugno, emergono nuovi dettagli.

Ma partiamo dall’inizio. Che i quattro ostaggi fossero detenuti da Hamas in case private guardati a vista da famiglie della Striscia di Gaza che collaboravano come carcerieri è stato detto fin dal primo momento. Almog Meir Jan, Andrey Kozlov, e Shlomi Ziv, che erano stati rapiti durante il Nova Festival, erano detenuti proprio dal giornalista e fotoreporter Abdallah Aljamal che aveva trasformato la casa del padre, il dottor Ahmed Aljamal, un medico, in un carcere. Per cui un giornalista che lavorava per Al Jazeera e per il Palestine Chronicle e un medico, una persona che almeno in teoria avrebbe dovuto prendersi cura del prossimo, tenevano sotto chiave i tre ragazzi rapiti con la forza. Ci troviamo davanti a una situazione che fino a pochi anni fa avremmo ritenuto fantapolitica, nel nostro caso fantagiornalismo.

Giornalismo che diventa terrorismo e va oltre ogni limite, ogni etica, ogni confine. E cosa ha fatto Al Jazeera? Nel momento in cui è stata presa con le mani nel sacco ha negato di aver avuto legami professionali con Abdallah Aljamal e ha cercato di cancellare dai suoi siti gli articoli e le fotografie da lui firmate. Una cosa però è certa, sia la CNN sia Al Jazeera continueranno ad essere citate come fonti di verità indiscutibili sulle quali non è ammissibile alcun dubbio e le persone meno attente continueranno ad essere informate poco e male.

E i cani pulciosi? Tranquilli, fino a che avremo un pezzo di carta e una matita continueremo a scrivere e fino a che avremo fiato in gola continueremo ad abbaiare. Sì, continueremo a rompere le palle ai morti e ai vivi, continueremo ad essere le spine nel fianco di chi non ha mai capito, o non ha mai voluto capire, che il giornalismo non è un mestiere ma una missione.

Michael Sfaradi, 16 giugno 2024

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