I fautori di quella visione del mondo permeata di sensi di colpa e autocommiserazione nei confronti delle disuguaglianze che intercorrono tra gli uomini (e le donne!), i cui occhi non scorgono altro che una polarizzazione in vittime e carnefici, che fanno dell’indignazione e del rancore un ritornello, si autodefiniscono, genericamente, liberal. Ma nonostante l’assonanza che suggerisce una parentela alla lontana, se si va oltre le apparenze è chiaro che tale ideologia si allontana di molto da ciò che il buon senso vorrebbe che il termine liberalismo, termine abusato a tal punto da essere svuotato, significhi. È il disvelamento di questo ossimoro l’obiettivo dichiarato di “La mente liberal” di Kenneth Minogue (Liberilibri).
Invece dell’individualità forte e intraprendente e della virtù del coraggio lodate dal liberalismo classico, l’ideologia liberal afferma la necessità che il compito di eliminare le sofferenze e conseguire la felicità individuale sia affidato alla società, dunque allo Stato; Minogue, nella sua monumentale analisi, scova l’origine di una simile deriva e delegittima le posizioni liberal sulla base delle loro stesse premesse e delle loro fallacie logiche. Quel che ne emerge è che l’ideologia liberal è un chiaro funzionalismo, in cui il fine (l’attuazione di un welfare utopistico) giustifica i mezzi.
Ciò che rende l’ideologia liberal estremamente illiberale è un profondo malinteso circa ciò che è e ciò che dovrebbe essere. Non esiste affatto un punto di partenza quale un uomo generico, sulla base del quale elaborare leggi naturali; si tratta di un artificio metafisico, di un trucco, di una caratterizzazione arbitraria. Ciò che esiste come irriducibile è solo l’individuo che si forma in comunione con l’ambiente che lo circonda e con il singolare sistema di valori che ne deriva. Allo stesso modo, presumere che possa esistere una società che sintetizza in modo così efficiente ciò che per ogni individuo rappresenta felicità e benessere, tanto da poter orientare univocamente l’azione, è soltanto un’illusione.
L’autocommiserazione e il senso di colpa sono due facce di quella medaglia secondo la quale esiste uno standard con cui bisogna confrontarsi e al quale è necessario adattarsi. Con ciò, l’ideologia liberal sembra rinunciare alla dimensione plastica della natura umana, per cui ogni situazione richiede creatività, spontaneità, deliberazione e non è in alcun modo passibile di previsione. Ciò di cui non ci si rende conto è che così facendo si perde in libertà, e che delegare qualcuno per la conquista e la salvaguardia della propria libertà è un’evidente contraddizione in termini. Si dimentica che i mezzi possono, eccome, modificare il fine.
Risulta chiaro allora perché le istanze liberal non appaiono molto lontane, in ultima analisi, da quelle di un’ideologia totalitaria. In quanto ideologia, quella liberal possiede una sua relatività storica. Come ogni sistema di valori, è un prodotto umano e perciò parziale. Dimenticando questa verità, i liberal presumono di agire in nome di tutti gli uomini. Ma così facendo, tutte le pie intenzioni di debellare la sofferenza di alcuni si tramutano inevitabilmente, per talaltri, in un’imposizione, una prescrizione tanto folle quanto coatta, una sistematizzazione, non troppo distante dal letto di Procuste.
Liberilibri, 3 aprile 2022